Addio a Maradona, uno dei talenti più carismatici e controversi del mondo
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Redazione BookToBook
25 Nov 2020
È morto a 60 anni uno dei talenti più forti e forse più controversi del mondo: Diego Armando Maradona.
“È successo l’inevitabile” così ha dato la notizia Clarin, il più importante giornale argentino.
Diego Armando Maradona è stato uno dei migliori calciatori di tutti i tempi, il più fantasioso, capace di numeri individuali imprevedibili ma anche di trascinare i compagni di tutte le squadre in cui ha giocato.
Durante la sua tempestosa carriera ha militato nei migliori club in Sud America e in Europa ed è stato una figura centrale in quattro Coppe del mondo.
Ma non è stato solo questo: Maradona ha personificato il calcio sia come sport popolare sia come grande business, contribuendo a un cambiamento epocale dell’intero settore.
Maradona raccontato da Jimmy Burns
Si è scritto molto su Maradona ma c’è un libro in particolare che ha fatto scalpore in tutto il mondo: si tratta di un’importante biografia scritta dal giornalista investigativo Jimmy Burns esperto di questioni calcistiche e tifoso appassionato.
Questo libro ripercorre le gesta del campeón dagli slum di Buenos Aires, dov’è nato, all’apogeo sportivo, alle vicissitudini degli ultimi anni di carriera – compresa la squalifica per doping ai Mondiali del 1994 negli Stati Uniti -, attraverso un’accurata ricerca e le testimonianze dirette di chi ha assistito alla sua parabola umana e sportiva.
Un ritratto a tutto tondo del più grande calciatore dell’era moderna e dei retroscena politici e sportivi della sua straordinaria ascesa e delle sue molte cadute.
Ecco un estratto dal libro
Sono grato a Maradona più di quanto avrei mai pensato fosse possibile quando lo vidi per la prima volta nel 1982, il giorno in cui giocò male contro i russi mentre il suo Paese e il mio erano in guerra per contendersi le isole Falkland. Nello stadio del River Plate si levò il coro «Chi non salta è un inglese», e tutti cominciarono a saltare. Mi sentivo vulnerabile quanto lo era stato mio padre nelle vesti di diplomatico inglese in incognito a Madrid durante la Seconda guerra mondiale, la volta che andò a una corrida dove improvvisamente suonarono l’inno nazionale tedesco. Maradona mi ha aiutato a capire perché il calcio dovrebbe importare, e perché non dovrebbe importare affatto, e come possa aiutare la gente a superare anche i momenti peggiori.
Il 5 luglio del 1984, appena dopo mezzogiorno, un elicottero con a bordo Diego Maradona e il suo fedele amico e procuratore Jorge Cyterszpiler fece rotta verso lo stadio San Paolo di Napoli. […] Maradona spuntò dal tunnel come da copione, come se fosse uscito dal profondo del vulcano e dalla faglia sottostante, un vero e proprio messaggero dell’apocalisse. Lo stadio esplose di fuochi d’artificio e stelle filanti. Il boato che lo accolse fu così improvviso e assordante che a Maradona parve l’onda d’urto di un uragano. Sentendone l’impatto, fece una smorfia e vacillò un istante, per poi continuare a correre. Indossava una tuta, una maglietta bianca e una sciarpa del Napoli, e lasciò intendere fin da subito che le tensioni della vita a Barcellona non lo avevano prematuramente invecchiato, dimostrandosi anzi un ventiquattrenne ancora pieno di vigore giovanile e di amore per la vita, che fin da quel momento ebbe la sensazione di aver trovato la propria casa.
Maradona si è sempre portato dietro, dentro di sé, il suo peggior nemico e il suo migliore amico.