“Craxi. L’ultimo vero politico”: il saggio di Aldo Cazzullo su una delle figure più incisive della politica italiana

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Redazione BookToBook
14 Gen 2025

I suoi libri sulla storia d’Italia hanno venduto oltre due milioni di copie, e la fortunata trasmissione televisiva Una giornata particolare, in onda ogni mercoledì sera su La7, conquista sempre più telespettatori. Più si conosce il passato più si comprende il presente, e da trentacinque anni Aldo Cazzullo, vicedirettore ad personam del “Corriere della Sera”, ci racconta i principali fatti italiani e internazionali di oggi e di ieri con il rigore e la curiosità del giornalismo di approfondimento, dimostrandoci che la storia non è affatto noiosa, anzi. La rilettura di vicende e personaggi che appartengono alla storia collettiva di un paese, fatta da una prospettiva storica contemporanea, non è mai soltanto puro e necessario esercizio per tenere viva la memoria, ma è preziosa fonte di riflessione e dibattito pubblico, e difatti l’offerta culturale e di entertainment di questi anni, tra libri, film e serie tv, guarda sempre più a quella fetta di pubblico attento e interessato a ripercorrere le tappe principali della nostra storia collettiva.

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A una delle figure più carismatiche, controverse e incisive della politica italiana del Novecento è dedicato dunque il nuovo saggio di Aldo Cazzullo, Craxi. L’ultimo vero politico, in libreria per Rizzoli dal 14 gennaio, in giorni in cui ricorre il venticinquesimo anniversario dalla scomparsa del leader del Partito socialista italiano. Nato il 24 febbraio del 1934 a Milano, Bettino Craxi muore ad Hammamet il 19 gennaio del 2000. Sepolto nella piccola città tunisina dove trascorse gli ultimi anni di vita, dopo aver abbandonato definitivamente l’Italia nella primavera del 1994 per sfuggire a Mani Pulite e all’arresto, sulla sua tomba ha lasciato parole, incise su un libro di marmo aperto, che raccontano molto dell’epopea umana e politica di una figura ancora oggi divisiva: «La mia libertà equivale alla mia vita».

Craxi. L’ultimo vero politico: un racconto a ritroso

La vita e, soprattutto, il declino politico di Bettino Craxi sono strettamente legati alla Prima Repubblica e a Tangentopoli che ne segnò la fine, e non è un caso se l’autore ha scelto di iniziare proprio dalla fine, quando alla fine dell’ottobre 1999, alla notizia del ricovero di Craxi, parte per Tunisi, dove seguirà in presa diretta gli ultimi mesi di vita del leader socialista. Sono pagine, quelle del nuovo saggio di Cazzullo, che, oltre a ricostruire un’epoca politica e sociale di cui ancora oggi si analizza l’eredità, ci consegnano aneddoti personali e poco noti, arricchiti da un apparato fotografico unico, in parte proveniente dalla Fondazione Bettino Craxi ETS, che offre una galleria di immagini, in bianco e nero e a colori, molto suggestiva ed efficace nel ritrarre Craxi negli istanti familiari più intimi così come nelle tappe istituzionali della sua carriera politica e dei governi che si sono avvicendati nel corso della Prima Repubblica.

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Bambino precoce che a quattro anni sapeva già a leggere, cresciuto dal padre Vittorio, siciliano trapiantato al Nord e viceprefetto della Milano liberata, e dalla madre, nata a Sant’Angelo Lodigiano da una famiglia di agricoltori e commercianti, nel 1952, a diciotto anni, Craxi prende la prima tessera del Partito socialista italiano. Nel 1960 è il più giovane tra gli eletti alle elezioni amministrative di Milano, quando a ventisei anni diventa assessore comunale all’Economato; entra alla Camera dei deputati nel 1968, eletto deputato con quasi 24mila voti di preferenza, preceduto a Milano solo da Pietro Nenni. Sarà nominato segretario del partito nel luglio del 1976, all’indomani delle elezioni politiche che registrano un deludente risultato per il Psi, al 9,6 per cento dei voti contro il 38,7% della Democrazia cristiana e il 34,4% del Partito comunista italiano. Inizierà da qui la sua ascesa al potere, nonostante all’inizio «in tanti pensano che Craxi non durerà a lungo, che sia un fantoccio nelle mani dei grandi vecchi del partito», scrive Aldo Cazzullo. «Non hanno idea di quello che sta per succedere al Psi e alla Prima Repubblica».

«Chi guida un partito viene chiamato non a caso segretario, dal latino secretum. Bettino Craxi in quel ruolo maneggerà molte informazioni segrete e riservate. Ma con lui sarà soprattutto l’idea di capo a emergere. La sua personalità straripante creerà il mito del leader, introdurrà nel linguaggio della politica la parola ‘decisionismo’, cambierà il modo di comunicare con gli elettori. Nello stesso tempo, lo renderà inviso a molti.»

Craxi. L’ultimo vero politico: un libro per ripassare la storia d’Italia

Leggere Craxi. L’ultimo vero politico è un ottimo modo per ripassare la storia d’Italia lungo quei decenni che, dal dopoguerra fino agli ultimi anni del Novecento, hanno trasformato il volto e i meccanismi della politica nostrana, su cui giustamente si sofferma Cazzullo nel disegnare la parabola che ha segnato non soltanto la caduta di un leader ma anche la disgregazione del sistema dei partiti.

«Il primo governo Craxi è il più longevo della Prima Repubblica fino a quel momento: 1058 giorni, dal 4 agosto 1983 al 1° agosto 1986», ci ricorda il giornalista, insieme al fatto che il primato sarà battuto solo da Berlusconi. Craxi aveva varato tre decreti «a favore dell’amico Silvio e delle sue televisioni, che con i varietà e i telefilm a puntate, a cominciare da Dallas, danno il via a una trasformazione culturale del Paese. Lo slogan è un inno al riflusso, alla ritirata nel privato, al disimpegno politico: “Corri a casa in tutta fretta c’è un Biscione che ti aspetta”. Berlusconi strappa alla Rai, con ingaggi moltiplicati, le star: Mike Bongiorno, Corrado, Raimondo Vianello, Raffaella Carrà, Enrica Bonaccorti».

Sempre sotto questo governo «riaffiora un’idea vecchia di secoli: la costruzione del ponte sullo Stretto di Messina. Craxi è convinto che con una decina d’anni il ponte si farà, per il 1994 dovremmo esserci. Ora Salvini punta al 2032», scrive ancora Cazzullo in pagine dense di riferimenti (e suggestioni) all’attualità della nostra inquieta epoca politica. Compresi gli scandali e le condanne per corruzione e finanziamento illecito ai partiti che continuano ad affliggere apparati statali, amministratori della cosa pubblica e politici ancora oggi, a più di trent’anni dalla stagione di Tangentopoli, quando il pool di giudici della procura di Milano sconvolse l’ordine costituito con l’operazione Mani pulite.

Il 17 febbraio 1992 «uno sconosciuto pm milanese, Antonio Di Pietro, fa arrestare il socialista Mario Chiesa in flagranza di reato nel suo ufficio di presidente dello storico ospizio Pio Albergo Trivulzio, dove ha appena intascato una tangente di sette milioni di lire». Rispondendo al Tg3, ricorda Cazzullo, «Craxi minimizza: “Una delle vittime di questa storia sono proprio io… Mi trovo davanti a un mariuolo che getta un’ombra su tutta l’immagine di un partito che a Milano, in cinquant’anni, non ha mai avuto un amministratore condannato per reati gravi contro la pubblica amministrazione”. È la teoria del mariuolo isolato. Ovviamente la realtà è ben diversa. E provocare in quel modo il ‘mariuolo’ Chiesa non è una grande idea. Chiesa all’inizio tace. Ma il 23 marzo decide di parlare con i magistrati, di fare un quadro preciso del sistema delle tangenti nella politica degli ultimi decenni».

Il 15 dicembre 1992 Craxi riceve il primo avviso di garanzia. «Sarebbe uno strumento appunto di garanzia per l’indagato; ma in quei mesi diventa una condanna alla morte politica». Il 29 aprile 1993 la Camera dei deputati nega quattro richieste di autorizzazione a procedere contro Craxi per accuse di corruzione e ricettazione. Il Pds di Achille Occhetto e Massimo D’Alema esce dalla maggioranza che sostiene il governo Ciampi, e convoca per il giorno dopo, 30 aprile, una manifestazione di protesta in piazza Navona. «Si sparge la voce che Craxi è nel suo albergo, il Raphaël, che è proprio lì dietro. Craxi commette un errore», scrive Cazzullo, riportandoci alla memoria una delle immagini più drammatiche di quei giorni. «La scorta gli consiglia di uscire sul retro. Ma lui non se ne cura: che non si dica che ha timore di affrontare la folla. È accolto da una pioggia di monetine. I contestatori sventolano banconote da mille lire e gli gridano, al ritmo di un coro da stadio, sulle note di Guantanamera: “Vuoi pure queste, Bettino, vuoi pure queste?!”. Le telecamere riprendono».

Craxi sarà condannato due volte in via definitiva: cinque anni e sei mesi per le tangenti Eni-Sai; quattro anni e sei mesi per le tangenti sulla Metropolitana Milanese. «Altri quattro processi sono stati interrotti dalla sua morte», scrive Cazzullo in Craxi. L’ultimo vero politico. L’ultimo vero politico perché, ci spiega l’autore in conclusione, «la Prima Repubblica non muore con Moro; muore con lui», con Craxi, il cui ritratto non può che essere in chiaroscuro, secondo l’autore. La Prima Repubblica «era la Repubblica dei partiti. Non ne ho nostalgia», scrive Cazzullo. «Va detto però che al tempo di Craxi – e di Andreotti, e di Berlinguer – votava il 90 per cento degli aventi diritto. Alle elezioni politiche del 2022 si è scesi sotto il 64. Alle europee del 2024 e alle successive elezioni regionali non si è arrivati al 50 per cento. E, dopo la stagione della legge elettorale che portava il nome dell’attuale capo dello Stato Sergio Mattarella – una legge che aveva dato sempre maggioranze certe –, siamo entrati in un’epoca di leggi elettorali pasticciate e di liste bloccate, che non consentono ai cittadini di scegliere i loro rappresentanti e delegano la composizione del Parlamento ancora ai capipartito. Il cui livello non è neppure lontanamente paragonabile a quello dei leader della Prima Repubblica. Farlo notare non significa negare le responsabilità di quei leader, Craxi compreso, nella degenerazione del sistema e nel dilagare della corruzione. Ma è difficile pensare che dopo di lui sia venuto un altro vero politico».