Due suicidi o due omicidi camuffati da suicidio? È lo spunto iniziale di Tempi glaciali da cui prende le mosse la nuova indagine della più stravagante squadra anticrimine esistente al mondo: quella del tredicesimo arrondissement di Parigi, capitanata dal commissario Jean-Baptiste Adamsberg, apparentemente svagato «spalatore di nuvole» che però arriva sempre alla soluzione del caso. Da ben quattro anni gli affezionati attendevano il ritorno sulla scena di uno dei loro investigatori preferiti, ed eccoli accontentati. Ma, come sempre accade per le storie migliori di Fred Vargas, lo spunto iniziale non è che l’occasione per portare il lettore molto lontano. Questa volta addirittura nella lontanissima (e glacialissima!) Islanda, sulle tracce di un pugno di fanatici seguaci della Rivoluzione Francese che si sono organizzati in setta. L’estate è arrivata, e un po’ di fresco – con relativi brividi! – ci sta alla grande. Ma quali sono gli ingredienti che rendono la lettura di un giallo di Fred Vargas un’esperienza irresistibile? Noi ne abbiamo individuati quattro: a te il compito di conoscerla meglio e scoprirne altri!
1. Un nuovo genere letterario. Considerata la regina del polar (neologismo francese nato dalla fusione dei due termini «poliziesco» e «noir»), la Vargas ha, in realtà, inventato il romanzo poliziesco nocturne, più che noir, che immerge suo malgrado il lettore in quel mondo visionario e onirico delle notti dell’infanzia, quando mettersi paura l’un l’altro non era che un gioco. «Il poliziesco è una specie di favola, ironica o tragica o cerebrale. Non sopporto i gialli ultra violenti che raccontano crimini complicatissimi (che nella realtà non esistono): un delitto è sempre semplice.» Parola di Fred Vargas.
2. L’appassionata indagine psicologica dei personaggi. La Vargas non crea solo storie avvincenti e originali, ma riesce a dar vita a una serie di personaggi straordinari, così ben caratterizzati sia dal punto di vista fisico sia da quello psicologico da imprimersi in maniera indelebile nella mente del lettore, diventando davvero dei compagni di viaggio! Li tratteggia con cura infinita, ognuno con un vissuto, una consistenza e una voce inconfondibile. A partire da quel mitico Adamsberg che, se ci concedi il gioco di parole, sembra risolvere i casi… per caso. Distratto, svagato e con la testa fra le nuvole, amante dei temporali e delle donne, Adamsberg insegue le sue convinzioni fumose che, tuttavia, finiscono sempre per portarlo dritto e inesorabili al colpevole.
3. Lo stile incisivo e personale. La Vargas ricerca la precisione e la sonorità delle parole che sceglie per raccontare le sue storie con un’attenzione unica nel suo genere. Sarà perché, oltre che di uno scrittore surrealista, è figlia anche di una madre chimica? E di lavoro, poi, non fa (solo) la scrittrice, ma la ricercatrice di archeozoologia presso il CNRS francese. Ma allora, ti chiederai, quando lo trova il tempo per scrivere? Semplice: è molto metodica. Stesura della prima bozza nelle tre settimane di vacanza estive, nei mesi seguenti fa rileggere il manoscritto al suo severissimo editor, la sorella Jo, e nelle vacanze di Natale e di Pasqua rivede e sistema il tutto. Un romanzo all’anno. Puntuale. E la cosa più incredibile è che, da questo lavoro a singhiozzo, escono sempre trame avvincenti raccontate con un piglio narrativo mai banale, uno stile intelligente e spiritoso condito da dialoghi scoppiettanti e divertentissimi.
4. Un po’ di mistero. Il mistero è ingrediente non solo delle sue storie ma anche della sua vita personale. Il nome letterario Fred Vargas è uno pseudonimo; sui documenti lei si chiama Frédérique Audouin-Rouzeau. Vargas è invece il cognome scelto dalla sorella Jo, pittrice contemporanea, che lo ha preso dal personaggio interpretato da Ava Gardner nel film La contessa scalza e che Fred ha deciso di far suo. Quando qualcuno le chiede: «Lei è Fred Vargas?» la scrittrice risponde timidamente: «Quelquefois!», qualche volta. E se l’intervistatore insiste domandandole: «E come mai scrive?» la Vargas risponde sempre allo stesso modo: «Je ne sais pas, je ne sais toujours pas», non so, ancora non so. Secondo te è vero?
D’accordo: lasciamole pure aleggiare intorno quest’aura di mistero, ma corriamo subito a comprare il suo ultimo libro: ne vale la pena!