«Ma di questo Lamberti io non ho mai capito nulla, se non che è uno che sta male, che si tormenta, che anche se sembra cinico e sempre incazzato, alla fine è solo disperato e molto fragile.»
Il Duca Lamberti è il celebre protagonista di quattro romanzi tra i tantissimi scritti da Giorgio Scerbanenco. Carlo Lucarelli, in un articolo del 2002 per l’Unità, raccontava la sua scoperta dello scrittore, in un pomeriggio di noia, da ragazzino.
«Lo so che ci sono opere più importanti, ponderose e fondamentali, lo so che non è storia della letteratura, ma con i libri è come con le persone, ne incontri una in un momento particolare e la tua vita cambia, e anche se poi ne incontri di più belle, affascinanti e meravigliose, di quella, di quella persona lì, te ne ricordi sempre. A me è successo a tredici anni con I ragazzi del massacro, di Giorgio Scerbanenco. Ero a casa di mio nonno, una domenica pomeriggio, non sapevo cosa fare, non volevo fare i compiti, alla tivù non c’era nulla e avevo letto quasi tutto nella sua libreria, a parte Storia delle Religioni e il Manuale del Fresatore Moderno. Poi vedo questo librettino giallo, sottile, con la costola bianca e due piccoli occhi neri che sembrano guardarmi.»
Scopre un modo di scrivere sorprendente:
«Non credevo che si potesse scrivere così. Lo stile di Scerbanenco è asciutto, veloce e diretto, a volte addirittura sgrammaticato e quasi dialettale. Le virgole, spesso, scombinano la frase, la inceppano, e ai dialoghi mancano verbi e soggetti. È perché è lo stile del linguaggio parlato, ma non quello pensato dagli scrittori quando vogliono imitarlo, quello parlato veramente, con la voce, e te ne accorgi appena te lo fai risuonare in testa, sonoramente, come se leggessi a voce alta. Poi, appena il periodo scorre e corre il rischio di andare troppo veloce, ecco una parola strana, anche antica, che blocca tutto, fa riflettere su quello che si sta leggendo e fa capire che quello stile così realistico è il frutto consapevole della scelta di un grande scrittore.»
Un mondo diverso da quello che immaginava:
«Potevi pensare vabbè, è ovvio, è un giallo, ma qui no, qui le cose erano vere anche se non erano mai accadute, forse. Le parole, le atmosfere, le ambientazioni, i personaggi ti dicevano questo non è soltanto un libro giallo, apri la finestra e guarda fuori, da qualche parte questo sta succedendo davvero.»
Scerbanenco è uno scrittore che non lascia indifferenti, e per evitare che fosse solo un luogo comune ci siamo affidati alle parole autorevoli di Carlo Lucarelli. Per presentare Gli Uomini in Grigio – il primo romanzo di Scerbanenco, pubblicato a puntate nel 1935 sulla rivista per ragazzi “Il Novellino” – lasciamo invece la parola a Luca Crovi, con un estratto dalla sua postfazione.
«Giorgio Scerbanenco riesce a costruire con Gli Uomini in Grigio un romanzo avvincente che regala ai lettori una figura iconica come quella dei misteriosi individui citati nel titolo. Una sorta di società segreta al servizio del crimine che può idealmente rimandare ai successivi Signori Grigi che rubano il tempo in Momo di Michael Ende, agli “uomini in nero” che ritroveremo nella saga a fumetti di Martin Mystère, nella serie televisiva X-Files, in quella animata Detective Conan, in quella cinematografica The Men in Black, ma soprattutto in tutti gli articoli e dossier dedicati alle teorie complottistiche sugli Ufo, dove immancabilmente appaiono agenti governativi americani vestiti di nero pronti a far sparire le prove di qualsiasi apparizione aliena sulla Terra. Gli Uomini in Grigio di Scerbanenco, però, non hanno nulla a che fare con l’immaginario complottistico, mentre ricordano molto da vicino gli adepti della Mano Nera o i seguaci del dottor Mabuse e del professor Moriarty.»
Il discorso prosegue, ed è molto dettagliato. Noi ci fermiamo qui: se già conosci Scerbanenco non vorrai perderti questa lettura; se invece devi ancora scoprire questo autore gigantesco questa scia di suggestioni dovrebbe aver seminato curiosità quanto basta. Cominci dalle prime pagine?