Ma di che parla ‘sto libro? Mò ve lo dico. È la storia (romanzata) della vita di Jorge “Magico” Gonzalez, calciatore salvadoregno che negli anni Ottanta fece girare la testa a mezza Europa dopo il mondiale di Spagna e che, però, scelse il Cadiz, squadra spagnola (andalusa, anzi) da metà classifica tutta gialla. Scelse il Cadiz perché era un calciatore malinconico, menefreghista e innamorato del flamenco e della notte. Non è solo una storia di calcio, anzi, non storcete la bocca voi che non amate visceralmente il pallone. È la storia di un uomo ormai con i ricci grigi che guida un taxi e che, tra una corsa e l’altra, ricorderà brandelli di vita perduti tra l’amore e la disperazione. Come capita un po’ a tutti quando gli anni avanzano e i capelli imbiancano. Per scriverla sono andato anche a Cadiz, un anno e mezzo fa, e ho parlato con chi “El Mago” lo ha conosciuto, respirato, anche per una sola notte. Ho chiacchierato con i vecchi nei bar e nei circoli sportivi ed è uscita fuori una storia romantica e imperdibile (almeno per me) che ho voluto raccontare in questo romanzo.
Marco Marsullo in persona raccontava il suo libro Il tassista di Maradona, poco prima dell’arrivo in libreria lo scorso 19 maggio e ci è sembrata la presentazione migliore per tutti i lettori. È una storia che commuove ed emoziona, e abbiamo pensato di lasciarla parlare scegliendo solo alcune delle sue frasi più belle.
«I gol sono tutti uguali e tutti diversi, non sono mai identici. Sono fiocchi di neve, trovarne due che si assomigliano è possibile, sovrapporli invece proprio mai.»
«Gli piaceva proprio, la notte. La trovava comoda, larga, accogliente, ma non solo per fare festa, perché El Mágo non era un festaiolo matto; non beveva (era quasi astemio) e non usava droghe (aveva fatto un paio di tiri d’erba una volta e aveva concluso con un “Be’? È questo? Tutto qui?»). A lui piaceva starci, nella notte, come un pilota con la benzina illimitata nella sua auto da corsa.»
«Gli piacevano il flamenco, le osterie, i bar e chi ci trovava dentro. Perché gli piacevano gli imprevisti. El Mágo stava sveglio di notte perché lui voleva sognare di giorno. E allora, semplicemente, dormiva di giorno.»
«Lei non sapeva neanche che lui giocasse a pallone, né aveva mai visto una sola partita del Cádiz in vita sua. Probabilmente non sapeva neanche che a calcio si giocasse in ventidue. Ed era stato questo a fargli perdere la testa, il fatto che lei non conoscesse la sua grammatica, le battute sempre uguali che lui propinava a se stesso, prima ancora che a qualunque donna incrociasse la sua strada. E si era sentito libero.»
«”Hai mai tradito la fiducia di un caro amico?” “Sì.” “E lui ti ha perdonato?” Il ragazzo si allenta un po’ il nodo alla cravatta: “Sì, ma non è stato facile. Ho dovuto rimediare alla stronzata che avevo fatto”. “Ecco. Questo è il calcio. Rimediare agli istanti in cui sembra tutto perduto.»