Leggere Fang Fang «Wuhan. Diari da una città chiusa»
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Redazione BookToBook
11 Giu 2020
Approcciarsi all’opera di Fang Fang in traduzione significa fare un’esperienza completamente diversa rispetto a quella dei lettori di lingua cinese, che hanno seguito il suo sviluppo online.
Il diario di Fang Fang è infatti apparso inizialmente su social e servizi di microblogging come Weibo e WeChat, con post a cadenza giornaliera; gli scritti di Fang Fang, caricati ogni notte, offrivano commenti e riflessioni su eventi e notizie di appena qualche ora prima. Man mano che l’epidemia si diffondeva a Wuhan, calamitando l’attenzione del resto della Cina e poi del mondo intero, la comunità di lettori è cresciuta; in quei post, cinesi sparsi in ogni angolo del globo hanno trovato uno strumento per tenersi informati sulla reale situazione nella città.
Di norma siamo abituati a considerare i diari una forma di scrittura strettamente privata – che registra speranze e desideri intimi, magari assieme alla cronaca dei fatti di giornata – ma Wuhan.
Diari da una città chiusa è stato sin da subito una piattaforma d’incontro: un’opera aperta in formato digitale.
il testo che segue è stato scritto da Michael Berry
Ciò significa anche che non è mai stato letto nella forma qui presentata, con i brani raccolti in un unico volume per mettere in risalto la voce e la visione dell’autrice.
Nella comunità cinese, questi testi si sono diffusi nei modi più disparati: tramite citazioni copiaincollate e inviate per messaggio, o estratti accompagnati da immagini e trasformati in meme, o pdf realizzati per condividere gli scritti con gli amici, via mail, oltre ovviamente con i post quotidiani su Weibo e WeChat.
E, cosa più importante, sulle piattaforme originarie ogni singolo testo aveva una sezione per i commenti, nella quale confluivano considerazioni, critiche, link ad articoli esterni, foto e video caricati da milioni di lettori. Come riportato dal «Guardian» il 10 aprile 2020: «Su Weibo, il diario di Fang Fang ha raggiunto la settimana scorsa 380 milioni di visualizzazioni, con 94.000 discussioni aperte e 8210 articoli originali».
«Vi chiedete cos’è una catastrofe? Di certo non consiste nell’obbligo di una mascherina, né nel dover stare in quarantena a casa o nel dover mostrare un permesso ufficiale per accedere a determinate aree.
Una catastrofe è quando un ospedale nel giro di due giorni riempie un intero fascicolo di certificati di morte, mentre di solito impiega alcuni mesi. Una catastrofe è quando il carro funebre che trasporta i cadaveri al forno crematorio, invece di caricare una singola bara carica un mucchio di corpi chiusi nei sacchi.
Una catastrofe non è quando uno dei tuoi famigliari muore, ma quando un’intera famiglia viene spazzata via nel giro di alcuni giorni o settimane. Una catastrofe è quando rimani a casa in attesa che l’ospedale ti avverta che si è liberato un posto letto, e quando succede sei già morto.»
All’apice della diffusione, la maggior parte dei post veniva visualizzata da tre a dieci milioni di volte nel giro di due o tre giorni. Quella bacheca online si è trasformata così in una ricca biosfera virtuale animata di dibattiti: un luogo in cui le persone potevano ritrovarsi, condividere le proprie esperienze, talvolta discutere e spesso piangere assieme.
Nessun libro – cartaceo o elettronico – può racchiudere in sé tutte quelle tentacolari tracce digitali, ma i lettori di Wuhan. Diari da una città chiusa ne avranno percepito comunque la presenza; con il passare dei giorni, infatti, Fang Fang interagisce in modo sempre più serrato con quanti la sostengono o la attaccano, e le loro voci entrano a far parte della sua narrazione.
I suoi scritti, dunque, non si limitano a fornirci spunti di riflessione sul diffondersi dell’epidemia a Wuhan: ci guidano anche alla scoperta del variegato e complesso mondo della Cina online. Con il procedere della quarantena, alla vita dell’autrice si intreccia un universo virtuale fatto di commenti, post sui social, video di news.
E a rendere quest’opera tanto preziosa è proprio l’abilità di Fang Fang nel fondere elementi in apparenza distanti: da un lato l’esperienza diretta di chi affronta incertezze, paura e isolamento sotto l’oscura minaccia di un virus sconosciuto, dall’altro la galassia di notizie, report e messaggi ricevuti da parenti, amici, ex compagni di scuola o semplici vicini. Il risultato è un testo in un certo senso ibrido, che sa unire l’epico al quotidiano, la noia della vita bloccati in casa ai collegamenti in costante espansione garantiti dal web.
Ognuno di quei post è diventato luogo di confronto, punto di riferimento per scambiarsi di volta in volta suggerimenti e raccomandazioni di ogni tipo, dai consigli per lo shopping online a indicazioni salvavita per persone con patologie croniche, che a causa dell’epidemia non potevano ricevere cure adeguate.
Un altro aspetto importante – che marca la distanza tra l’esperienza vissuta dai lettori cinesi e la nostra – è messo in evidenza dall’atteggiamento dell’autrice, che con costanza ha richiamato tutti all’azione e fatto appelli a una diffusa assunzione di responsabilità. In molti Paesi dell’Occidente i media prosperano sulle accese discussioni tra esperti, politici e attivisti, spesso divisi da ideali differenti o dalle linee dei rispettivi partiti di riferimento. È dunque possibile che alcuni lettori statunitensi o europei non colgano appieno lo straordinario coraggio mostrato da Fang Fang, che con voce stentorea ha richiamato esperti e autorità – locali e nazionali – a farsi carico delle proprie mancanze anziché giocare a scaricabarile. In una società nella quale molti scrittori e intellettuali seguono il principio del «tenere la testa bassa e stare lontani dai guai», lei ha osato parlare chiaro; e quando ciò l’ha messa al centro di attacchi ripetuti, anziché fare un passo indietro ha alzato la voce.
Ecco spiegato il progressivo cambio di tono che si avverte nel diario: mentre a Wuhan l’epidemia di Covid-19 veniva pian piano domata, Fang Fang ha lasciato da parte la cronaca sulla malattia per denunciare negligenze, errori e tentennamenti di autorità ed esperti, arrivando infine a toccare lo spinoso argomento delle responsabilità per il disastro. Come ci si poteva aspettare, tanta schiettezza ha avuto un costo: mentre il diario prendeva forma, e si intensificavano le richieste dell’autrice affinché fosse fatta giustizia, gli assalti dell’invisibile esercito di troll che l’aveva presa di mira si sono fatti sempre più incalzanti. Ed è fuor di dubbio che le due cose siano collegate.
Così, nell’ultima parte del testo, gran parte delle attenzioni di Fang Fang è rivolta a respingere la miriade di attacchi che le piovono addosso dalla rete con cadenza quotidiana.
Gruppi di estrema sinistra hanno preso a contestarla sin dal 2017, dopo la pubblicazione del suo romanzo Ruan mai.
In quel testo acuto e brillante, Fang Fang esplora l’amnesia come allegoria della rimozione cui sono andate incontro alcune pagine dolorose della storia cinese moderna, in particolare quelle legate alla riforma agraria attuata tra la fine degli anni Quaranta e i primi anni Cinquanta. Siccome il romanzo rifiuta di analizzare la questione in termini semplicistici, di «bianco o nero», divenne bersaglio di una feroce campagna denigratoria, tanto da essere ritirato dagli scaffali. E l’autrice fu presa di mira da attacchi via internet. A tre anni di distanza, quegli stessi gruppi hanno trovato un nuovo obiettivo contro cui scagliarsi: Wuhan. Diari da una città chiusa. La veemenza delle loro critiche al vetriolo è stata tale che, mentre si preparava l’edizione HarperCollins del libro, in Cina è esplosa una vera e propria guerra mediatica: si sosteneva che il testo sarebbe diventato un’arma, sfruttata dagli statunitensi per attaccare Pechino.
Eppure, nel tradurre il libro, l’ultima cosa che avevo in mente era trasformarlo in un’arma a vantaggio degli Stati Uniti.
Nella letteratura cinese degli ultimi decenni, quella di Fang Fang è senza dubbio la voce più potente espressa da Wuhan.
Ecco perché, all’esplodere dell’epidemia, così tante persone hanno guardato a lei in cerca di conforto, informazioni o indicazioni: era l’unica figura cui rivolgersi per una valutazione onesta di quanto stava accadendo. Mentre il mondo stentava ancora ad aprire gli occhi sulla minaccia della Covid-19, lei ogni giorno levava il suo grido. Un grido che si sarebbe poi imposto all’attenzione di tutti, sia come testimonianza delle sofferenze patite dalla popolazione di Wuhan, sia come monito di ciò che presto sarebbe accaduto altrove, in assenza di efficaci contromisure.
Insomma, il mio primo pensiero non era certo fornire un’arma in più agli Stati Uniti nella guerra contro la Cina, ma lanciare un monito all’America e al mondo intero perché imparassero la lezione trasmessaci da Fang Fang. Una lezione che deriva in parte dalla compassione che la scrittrice ha saputo mostrare, e in parte dalla sua audacia: quella di chi si leva a testimone, di chi rifiuta di essere messo a tacere dai velenosi attacchi che gli piovono addosso, di chi è determinato a parlare chiaro ai potenti.
La Cina ha quasi un miliardo e mezzo di abitanti, che hanno a disposizione una marea di canali televisivi satellitari, giornali, siti web e media controllati dallo Stato; eppure, in qualche modo, la solitaria figura di Fang Fang si è imposta in questo caotico mare di comunicazioni, affermandosi come la voce di Wuhan. Le sue parole hanno incarnato il cuore pulsante e la coscienza della città. Sul suo diario si sono riversati entusiasmi e critiche, compassione e cinismo, amore e odio, come saette attirate da un parafulmini. Una varietà di atteggiamenti e sentimenti che, ogni giorno, ha trovato espressione nella catena in apparenza infinita di commenti seguiti a ogni singolo post.