Che cosa resta da fare alla letteratura? Da questa domanda nasce la riflessione di Nicola Lagioia, candidato al Premio Strega con il suo La ferocia. L’occasione per sciogliere i nodi attorno a una questione così complessa è quella di Letterature. Festival internazionale di Roma, in Piazza del Campidoglio.
Nicola Lagioia articola il suo discorso citando gli accadimenti più importanti del ventunesimo secolo, della Storia e dei libri che l’hanno segnata: La montagna incantata di Thomas Mann, I dolori del giovane Werther, di Johann Wolfgang Goethe, La storia di Elsa Morante. Ne riportiamo un breve paragrafo qui, per il discorso integrale (assolutamente da leggere) il punto di riferimento è Internazionale.
«La letteratura racconta dunque i legni storti, non ha la pretesa di raddrizzarli. Solo così aggiungiamo speranza alla speranza di mantenerci umani. Ci interessano le ragioni di Lucia Mondella, ma anche quelle di Lady Macbeth, ci troviamo a fare il tifo per il partigiano di Fenoglio eppure siamo sensibili all’oscuro magnetismo del Kurtz di Conrad. Il principe Minskyn ci commuove, ma siamo addirittura in grado di empatizzare con Humbert Humbert. Per parafrasare un cantautore, il problema (e il mistero) non è don Rodrigo in sé ma don Rodrigo in me.»