Esiste un oggetto feticcio appartenuto ai lettori del passato. Non molti lo conoscono, ma per lungo tempo il commonplace book è stato di gran moda. Gli inglesi lo chiamano chapbook.
Cos’è un commonplace book o chapbook?
Ce lo spiega meglio Martin Letham, celebre libraio autore di I racconti del libraio, una divertente ricerca di aneddotica sul mondo dei libri.
“Dall’inizio del Seicento fino alla seconda metà dell’Ottocento non era raro che i lettori ritagliassero i loro passi preferiti per incollarli nei cosiddetti commonplace books, intervallandoli a proprie riflessioni”.
Si tratta quindi di una sorta di diario delle medie nobilitato a zibaldone. Un compendio delle note a margine scritte in una vita. Un diario delle letture in forma di collage.
Perché non si usano più i commonplace book?
“Di questa strana abitudine ci restano ben poche tracce documentali a causa dell’opinione che ne avevano bibliotecari come M.R. James, che definiva quegli zibaldoni «una sorta di deposito o sedimento». Ma c’era anche un’altra ragione che rendeva i commonplace particolarmente irritanti agli occhi di pragmatici bibliotecari: l’impossibilità di catalogarli… Erano libri o manoscritti? Venivano gettati via a carrettate.
Esistono dei commonplace book celebri?
Dai pensieri di John Milton alle barzellette di Ronald Reagan, ci sono libri di annotazioni
Come realizzare un commonplace book secondo il filosofo John Locke
nel suo A New Method of Making Common-Place-Books, “in cui sono state formulate tecniche per l’inserimento di proverbi, citazioni, idee, discorsi. Locke ha dato consigli specifici su come organizzare il materiale per argomento e categoria, usando argomenti chiave come l’amore, la politica o la religione. I commonplace book, va sottolineato, non sono diari, che sono cronologici e introspettivi”.[2]
All’inizio del XVIII secolo essi sono diventati un espediente di gestione dell’informazione in cui un “prendi-appunti” ha raccolto citazioni, osservazioni e definizioni. Essi sono stati utilizzati perfino da influenti scienziati. Carl Linnaeus, per esempio, usava tecniche di commonplacing per inventare e organizzare la nomenclatura del suo Systema Naturae (che è la base per il sistema utilizzato oggi dagli scienzati).