“Motivi per cui è un bene che non stia più con Jen”. La intitola così, Andy, la prima delle innumerevoli liste che compilerà nei disperatissimi, inconsolabili, stralunati mesi successivi alla rottura con Jen. Andy è stato mollato da Jen, l’unica vera, bellissima, magnetica e insostituibile donna che abbia mai amato per davvero. È l’estate del 2019 – non si dovrebbe mai soffrire per amore d’estate – e Andy comincia a raccontarci la sua storia disperata proprio compilando una lista, tre pagine di motivi per cui è un bene che non stia più con Jen, incipit dirompente di Avete presente l’amore?, nuovo splendido romanzo di Dolly Alderton, scrittrice anglo-canadese, giornalista e autrice per la tv che con i suoi libri ha spalancato una finestra sull’amore, sull’amicizia, sulle relazioni che vivono i millennial (ma non solo loro) di mezzo mondo, interpretando come non mai i sentimenti, le aspettative, le delusioni di generazioni di giovani (e meno giovani, appunto). Il suo memoir Tutto quello che so sull’amore è stato a lungo in classifica nel Regno Unito, ha vinto il National Book Award ed è stato tradotto in ventitré lingue, vendendo più di 500.000 copie. Sparire quasi del tutto, il suo primo romanzo, ha scalato le classifiche del “Sunday Times”. Lena Dunham, notissima autrice e regista di Girls, ha detto che Dolly Alderton è «la voce delle relazioni moderne». La definizione calza a pennello, leggere per credere.
Chi è Andy, il protagonista di Avete presente l’amore?
Andy, dunque, è stato mollato da Jen, la donna che ha «amato per tre anni, dieci mesi e ventinove giorni, e che otto giorni e ventidue ore fa mi ha mollato, spaccandomi il cuore come una pignatta». Andy ha trentacinque anni e fa lo stand-up comedian o, meglio, sogna di diventare uno stand-up comedian di successo, di salire sui palcoscenici più famosi del pianeta e di venir riconosciuto per le strade delle metropoli più in voga. Finora non ci è riuscito, e si barcamena tra esibizioni serali quasi sempre deludenti nei pub londinesi insieme all’amico Emery – lui sì che ha successo, l’ultima recensione di un suo show lo acclama come “Il viso di una star del cinema, la bocca di un diavolo, la mente di un genio” – e lavoretti saltuari per campare, tra feste di matrimonio, provini pubblicitari fallimentari e convention aziendali.
Lasciato l’appartamento in cui viveva con Jen, Andy si trasferisce prima dall’amatissima madre, poi nella mansarda dei suoi amici più cari, infine nella camera in affitto di Morris, un ultrasettantenne complottista ossessionato dal 5G e fedele ammiratore di Julian Assange, al quale scrive interminabili lettere per offrirgli il suo sostegno emotivo ed economico.
Andy vaga giorno e notte per le strade di Londra con in testa un’unica, devastante domanda: «Perché l’unica donna che abbia mai davvero amato se ne è andata così, dall’oggi al domani?». Devastante perché la risposta, nascosta sotto strati di volontaria incoscienza, è troppo lineare nella sua cruda verità, perché quella prima lista di motivi per cui è un bene che non stia più con Jen non regge: se fosse così facile attribuire a Jen o a qualsiasi altra o altro ex le ragioni della fine di una relazione, saremmo tutti più in pace con noi stessi, ci risolleveremo da ogni delusione d’amore semplicemente compilando una lista dei difetti, delle mancanze, delle incoerenze dell’ex altra metà del cielo. Ma l’universo dei sentimenti non gira così, le dinamiche celestiali dell’amore sono imprevedibili e Dolly Alderton è maestra nel narrare esperienze universali in cui è quasi impossibile non rintracciare qualcosa di noi stessi, delle nostre vite sentimentali, delle nostre pene d’amore e, alla fin fine, dei nostri errori. E difatti vogliamo subito bene a Andy, anche quando fa lo stronzo con quelle liste ingiuste nei confronti di Jen e deresponsabilizzanti nei confronti di se stesso, anche quando si sbronza e manda messaggi di cui la mattina dopo si pentirà, anche quando scrolla maniacalmente il profilo Instagram di Jen e degli uomini che pare frequentare. Gli vogliamo bene perché lui è tutti noi, umanissimo e fragilissimo nel suo cieco vittimismo, nella sua disperazione inconcludente, nelle sue peregrinazioni rocambolesche alla ricerca di un modo per non pensare più a Jen che non sono altro se non la manifestazione pura e semplice dell’amore che fu, andato e finito, dell’incapacità emotiva e razionale di accettarne la fine, del comprendere la complessità delle ragioni dell’altro.
«Ripenso alla prima volta in cui ci siamo detti “ti amo”. Ci frequentavamo da qualche mese e lei aveva ammesso di aver preso l’abitudine di cancellare il mio numero dopo ogni messaggio, così non avrebbe visto il mio nome sullo schermo e non si sarebbe stressata aspettando la mia risposta. Non capisco come possa essere successo. Vorrei tornare a quei giorni. Come fanno nei film a viaggiare nel tempo? Sono disposto a fare qualunque cosa: lanciarmi da un grattacielo, beccarmi una scarica elettrica, entrare in un armadio e girare su me stesso dieci volte. Trattengo un sospiro, ma sembra solo che mi è venuto il singhiozzo.»
Chi di noi non ha mai desiderato tornare a quei giorni? Chi non hai mai desiderato viaggiare nel tempo per tornare indietro e rifare tutto in un altro modo, per apprezzare e conservare e proteggere quello che avevamo con indosso una versione migliore di noi?
«Sei prigioniero della tua stessa nostalgia. Devi lasciar andare il passato», gli dice il suo miglior amico, Avi. «Lo vedo che ti sei… impantanato. Nei ricordi, in quello che avrebbe potuto essere e non sarà più. Finirai per impazzire.»
«Sono un artista, è questo che facciamo. Analizziamo e svisceriamo. Ruminiamo la nostra miseria finché non è abbastanza triturata da poterla inghiottire.»
«Devi solo cercare di smettere di pensare a lei» mi dice in un tono esasperato che mi fa vergognare di me stesso. «È come se ti stessi sforzando di guardare il filmino dei bei momenti di Jen e Andy dei tempi che furono. Ogni volta che finisce lo fai ripartire dall’inizio e poi ti chiedi pure come mai ti senti così di merda.»
Dolly Alderton è la voce delle relazioni moderne
E sono questi e tutti gli altri dialoghi che arricchiscono la storia e la lettura di Avete presente l’amore? tra i momenti più veraci e condivisibili a cui ci ha abituato Dolly Alderton coi suoi libri, ognuno specchio dell’amore, dell’amicizia, degli affetti familiari ai giorni nostri. Lena Dunham ha ragione, Dolly Alderton è la voce delle relazioni moderne. Perché, come succede sempre nei suoi romanzi, Alderton mette al centro l’amore ma non tralascia di sviscerare gli altri sentimenti che punteggiano, o destabilizzano, le nostre vite, dall’importanza delle relazioni familiari e amicali e dal disorientamento sul futuro incerto particolarmente sentito dalle generazioni più giovani, fino al senso di inadeguatezza misurato col metro delle aspettative – o del processo mitizzante e paralizzante – delle figure genitoriali (per storie diverse, sia Andy sia Jen soffrono ancora del rapporto coi propri padri risalente all’infanzia).
«Immagino il figlio che avrebbe potuto avere, uno diverso da me, uno con un lavoro del quale sarebbe andata fiera, che avrebbe pagato per lei al ristorante e con una camera degli ospiti in cui si sarebbe potuta fermare a dormire», riflette Andy mentre passeggia per Soho e Trafalgar Square con la madre, che adora. «Un figlio che le avrebbe fatto costosi regali di compleanno, offerto vacanze meravigliose e dato una nuora e dei nipotini». La madre gli risponde così: «Sei un bravo figlio, il mio preferito», Andy ribatte «sono anche l’unico» e la madre commenta allegra «appunto. Quindi il migliore. Di gran lunga», rompendo in un certo modo gli schemi, in perfetto stile Alderton, rifiutando quelle aspettative sociali da famiglia vecchio stampo che ancora oggi premono e stressano anche il più ribelle dei figli e la più progressista delle famiglie.
Avete presente l’amore? sarebbe da raccontare nei minimi dettagli per via di tutte le cose significative, vitali, illuminanti e divertenti che succedono e che vengono dette ma, ovvio, vi toglieremmo il piacere della lettura dall’inizio alla fine. Soprattutto alla fine, perché niente è dato per scontato quando si legge un romanzo di Dolly Alderton che qui, sul finale, dà il meglio di sé, spalancandoci ancor più quella sua finestra sull’amore, sull’amicizia, sulle relazioni che vivono i millennial (ma non solo loro) di mezzo mondo. Qui, sul finale, v’attende un’altra lista di motivi, assai ragionevoli, assai amorevoli.