Il pieno sviluppo dell’economia doppia X assicurerebbe la crescita dei Paesi sviluppati, riducendo rischi e sprechi, mentre nelle nazioni più povere compenserebbe la spinta al disastro generata dal millenario predominio maschile.
Tutti obiettivi che non possiamo più permetterci di ignorare.
Ma di cosa parliamo quando parliamo di Economia doppia X? Ce lo spiega l’autrice di questo saggio appassionato, Linda Scott.
Perché lo sviluppo dell’economia doppia X sarebbe un bene per tutti
il testo che segue è stato scritto dall’autrice
Al cuore di questo libro vi è una verità che pare improbabile: la parità salariale tra uomini e donne sarebbe in grado di arginare alcuni dei più gravi mali del mondo, contribuendo nel frattempo alla prosperità comune.
A partire dal 2015, una mole sempre maggiore di dati ha confermato che un identico schema di disuguaglianza economica affligge la popolazione femminile di tutte le nazioni; a prescindere dal Paese cui si fa riferimento, sono sempre gli stessi meccanismi a tenere in piedi le disparità.
Le barriere all’inclusione economica delle donne vanno oltre il lavoro e lo stipendio, ovunque; esse includono proprietà, capitale, credito e mercati. Questi ostacoli, associati ai vincoli di matrice culturale solitamente imposti alle donne (limitazioni alla libertà di movimento, vulnerabilità legate al loro ruolo riproduttivo e la costante minaccia della violenza), finiscono per dar forma a un’economia sommersa tutta al femminile: quella che io chiamo l’«Economia a doppia X».
Se la comunità globale si impegnasse a rimuovere tali impedimenti, vedremmo l’alba di una nuova era; un’era di pace e prosperità senza precedenti. Nel corso dei decenni passati si è sviluppato un movimento, pur contenuto, che mira proprio e semplicemente a questo: eliminare le barriere.
Sebbene ancora poco diffuso, l’impegno per un’emancipazione economica femminile ha ora portata globale e annovera fra i suoi sostenitori alcune tra le più importanti istituzioni mondiali, in numero crescente: governi nazionali, agenzie internazionali, associazioni benefiche, organizzazioni religiose e multinazionali.
Ho iniziato conducendo una ricerca che valutava diversi progetti tesi ad aiutare le donne a raggiungere l’autonomia finanziaria. In un primo momento il mio impegno mi ha portata in zone rurali, soprattutto in Africa; ho messo alla prova le mie idee e quelle degli altri, lavorando a stretto contatto con donne di Paesi diversi e in condizioni differenti.
Ho anche organizzato un meeting di specialisti internazionali, il Power Shift Forum for Women in the World Economy, in occasione del quale chi lavorava a questa causa poteva condividere quanto stava imparando.
Poi, a partire dal 2015, mi sono focalizzata su qualcos’altro: nonostante continui a fare ricerca in aree disagiate, partecipo anche a incontri politici di alto livello mirati a incentivare riforme globali, il che mi porta a viaggiare tra le grandi capitali del mondo.
Mi rammarico spesso per ciò che vedo.
I ministri che gestiscono l’economia mondiale tendono a sminuire chi sostiene i diritti delle donne, trattando quelle persone come fossero i membri di un club per signore.
L’Asia-Pacific Economic Cooperation (l’organismo di cooperazione e crescita economica spesso indicato come APEC) e il G20 potrebbero organizzare una «settimana delle donne» o mettere in piedi gruppi di interesse, e inserire nei propri comunicati delle prese di posizione ufficiali sul tema; invece, non sembrano intenzionati a supportare, nei loro progetti, le esigenze specifiche di metà della popolazione.
Si rifiutano di vedere quanto l’esclusione delle donne danneggi i sistemi economici di cui si occupano, e come invece una loro inclusione attiva nei bilanci nazionali sarebbe foriera di quella crescita che cercano tanto disperatamente.
Trascurano l’Economia a doppia X solo in virtù di un pregiudizio.
Ecco perché abbiamo bisogno di voi.
Grazie a questo libro, spero di reclutare molte voci, mani e menti alla causa dell’inclusione economica femminile.