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E se ci fosse un’equazione per la felicità?

La ricerca della felicità è antica come il mondo. Filosofi, religiosi e liberi pensatori ci si applicano da sempre. Ora è la volta di un ingegnere ai vertici di Google, Mo Gawdat, che a un certo punto della sua vita si è reso conto, nonostante il successo, di non essere appagato, e ha deciso di applicare al problema il suo talento logico e di problem solving insieme ai principi della matematica.

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Un ingegnere alla scoperta della felicità

Il testo che segue è scritto dall’autore


Da progettista di software, puntavo a sviluppare un codice che si potesse impiegare in qualsiasi circostanza di vita e che ogni volta desse per risultato prevedibile la felicità.

Stranamente, nel bel mezzo di tanto impegno iper-razionalistico in stile Mr. Spock, la prima vera illuminazione mi colpì durante una chiacchierata con mia madre. Era stata lei a instillarmi la mia etica del lavoro e a insegnarmi a mettere il successo economico prima di tutto.

Citava spesso un proverbio arabo che tradotto suona grossomodo così:

«Mangia con frugalità per un anno, vesti con semplicità per un altro, e troverai la felicità perpetua.»

Da ragazzo quel precetto era stata la mia religione. Avevo lavorato, risparmiato e fatto carriera. Avevo rispettato la mia parte dell’accordo: dunque dov’era la felicità che mi era stata promessa? Lo domandai a mia madre.

Durante quella conversazione, di colpo mi resi conto che la felicità non è una cosa che ci si può guadagnare, come lo stipendio a fine mese. Non puoi aspettartela dall’esterno, e tantomeno da circostanze volubili e potenzialmente effimere come il successo professionale e gli scatti di salario. La mia strada era stata costellata di riconoscimenti e promozioni, ma ogni volta che raggiungevo un obiettivo, la meta sembrava spostarsi un po’ più in là.

Compresi che restando aggrappato all’idea che la felicità mi aspettasse sempre dietro questo o quel traguardo, non sarei mai stato davvero felice.

In algebra esistono molti modi di risolvere un’equazione. Se A = B + C, per esempio, allora B = A – C. Per trovare A devi calcolare il valore degli altri due parametri (B e C), mentre per trovare B servono valori diversi. La scelta del parametro cambia in modo radicale il tuo approccio alla soluzione. Vale lo stesso quando la tua incognita è la formula della felicità.

Cominciai a capire che in tutto quel tempo mi ero affannato a risolvere il problema sbagliato. Mi ero posto l’obiettivo di moltiplicare le risorse materiali – i soldi, gli agi, lo status sociale – nella convinzione che il prodotto ultimo di tanti sforzi sarebbe stato… la felicità. L’approccio giusto era tutt’altro: dovevo saltare a piè pari i passi intermedi e puntare direttamente alla soluzione.

Impiegai quasi un decennio, ma nel 2010 mi trovai con un’equazione e un modello elegante, semplice e replicabile di felicità sostenibile: finalmente i conti tornavano.

Al collaudo il sistema funzionò alla grande.

La delusione per un contratto andato a monte, il nervosismo per le code ai controlli degli aeroporti, le frustrazioni lavorative – niente riusciva a scalfire la mia serenità. La mia vita quotidiana di marito, genitore, figlio, amico e manager continuava a registrare i suoi inevitabili alti e bassi, ma anche lanciato sulle montagne russe delle giornate buone e cattive – o più spesso entrambe le cose – scoprii che riuscivo comunque a godere il piacere del viaggio.

Avevo finalmente ritrovato il me stesso sereno di un tempo, e restai tale abbastanza a lungo.

Condivisi la mia equazione della felicità con centinaia di amici, che a loro volta la misero alla prova e ne confermarono l’efficacia.

Il loro feedback mi aiutò ad affinare il modello con maggiore accuratezza. E per fortuna.

Non potevo saperlo, ma presto ne avrei avuto un bisogno disperato.