Non può che far bene alla democrazia l’entusiasmo con cui i lettori hanno accolto le moltissime nuove edizioni delle opere di George Orwell che, scaduti i diritti d’autore a settant’anni dalla sua morte, stanno arrivando in libreria in questi giorni.
Un’ottima occasione, dunque, per riprendere in mano i libri dello scrittore che ha combattuto contro ogni dittatura del pensiero e ogni tirannia del potere assoluto. Ma, per quanti non l’hanno ancora letto o intendono rileggerlo, come scegliere fra le molte proposte editoriali? Farsi guidare dal titolo? Dal contenuto? Dalla traduzione? Oppure abbandonarsi al fascino delle copertine?
Quelle di George Orwell pubblicate nel mondo sono innumerevoli, a partire da quel giugno 1949 in cui il romanzo distopico per antonomasia, 1984, uscì per la prima volta in Gran Bretagna, pochi mesi prima della morte dell’autore.
Storica casa editrice che nel 2019 ha festeggiato i 70 anni di vita, BUR Rizzoli ha appena portato in libreria nella collana Contemporanea 1984 e La fattoria degli animali, classici moderni tra i più citati al mondo, in attesa che a marzo esca Un’autobiografia involontaria. Una vita tra le carte.
«Ogni traduzione di 1984 dice qualcosa di diverso sul libro. A qualcuno piacerà più questa, ad altri un’altra, e ci sarà sempre chi preferirà l’“originale”», dice Daniele Petruccioli, che ha curato la traduzione di 1984 e de La fattoria degli animali. «Ma restano tanti modi di esprimerlo, di dirlo, di “rifarlo”. Da questo punto di vista, forse, in traduzione qualcosa si guadagna, anziché perdere. Qualcosa si rivela, anziché essere tradito».
Allo stesso modo, anche le copertine diranno qualcosa di diverso del libro a ogni nuova edizione e a ogni epoca.
Come nascono le nuove copertine dei libri di George Orwell?
Come riesce a catturare l’attenzione del lettore e a farsi notare tra gli scaffali di una libreria, partecipando al successo o all’insuccesso di un libro?
Lo abbiamo chiesto a due professionisti del settore: Federica Magro, responsabile editoriale di BUR, Fabbri e Rizzoli YA, ed Emilio Ignozza, graphic designer dello studio editoriale The World of Dot, che qui ci spiegano come sono nate le originalissime copertine dedicate a George Orwell.
«Quando abbiamo iniziato a lavorare all’edizione italiana delle opere di Orwell, per prima cosa ci siamo chiesti: Orwell è un classico o un contemporaneo?»
ci racconta Federica Magro, che guida da diversi anni la BUR.
«Orwell ha scritto le sue opere negli anni ‘30 e ’40, non lontano dagli anni in cui Luigi Pirandello, consacrato da tutte le antologie scolastiche come un grande “classico”, componeva le sue opere. Ma Orwell ha più di un piede nella contemporaneità, e non solo perché oggi il genere distopico è tra i più popolari e praticati nelle serie dedicate al pubblico di giovani adulti. Pensiamo all’attualità dell’epiteto “grande Fratello” con cui Orwell battezzava il dittatore dello stato totalitario, in cui ogni individuo è tenuto costantemente sotto controllo dalle autorità, e al fatto che tanti americani abbiano sentito il bisogno di leggere Orwell subito dopo l’elezione di Trump, stando all’impennata di vendite registrate».
Dalla decisione di mettere George Orwell nella collana BUR Contemporanea, «per mostrarne la modernità anziché consacrarne l’appartenenza al canone dei classici», spiega Federica, «è discesa ogni altra scelta, a partire da quelle condivise con il traduttore Daniele Petruccioli, che ha fatto un lavoro meraviglioso sulle innovazioni linguistiche, alla scelta di chiedere la prefazione di 1984 a Walter Veltroni e della Fattoria degli animali a Dacia Maraini. E naturalmente anche l’impostazione della copertina: a Emilio Ignozza abbiamo chiesto di cercare un’immagine o un illustratore (e non un quadro, per esempio), che avesse un tratto molto moderno ma che fosse anche originale e spiazzante, per sortire in chi guarda le copertine lo stesso effetto che le opere di Orwell sortiscono nel lettore».
«la scelta della copertina giusta è sempre una scommessa, che richiede esperienza e fiuto»
continua Emilio Ignozza, da molti anni nel team dello studio grafico milanese fondato da Francesca Leoneschi e Iacopo Bruno. «Per grandi classici di cui esistono già molte edizioni, bisogna muoversi su diversi binari. Prima di dedicarsi alla ricerca iconografica delle immagini di copertina, che facciamo sia presso le agenzie fotografiche sia su portali di illustratori, di giovani artisti e di studenti d’arte e di grafica, si analizzano le edizioni pubblicate in Italia e all’estero e si studiano le più riuscite. Nel caso di Orwell mi vengono in mente quelle uscite per Penguin e per Mondadori firmate dall’americano Shepard Fairey», noto col nome d’arte Obey e autore del famoso manifesto di Barack Obama, «che, riprendendo lo stile dei manifesti di propaganda politica, interpretavano alla perfezione la narrazione dei libri di Orwell». In questo senso, altra fase preliminare decisiva «è il confronto con la casa editrice per individuare gli elementi iconici del contenuto», spiega ancora Emilio, «come l’occhio del Grande fratello per 1984 e il personaggio del maiale Napoleone per La fattoria degli animali, resi in copertina con ritratti dalla forte componente narrativa, con elementi facciali inattesi, abbigliamenti militari di sapore ottocentesco e una palette di colori molto vivace».
Elzo Durt è l’artista belga delle nuove copertine BUR di George Orwell
Elzo Durt è l’artista belga autore delle immagini di copertina, «che ci ha colpito molto per la contaminazione di punk, psichedelico e optical delle illustrazioni e dei collage digitali che crea», commenta Emilio.
Infine, ad alzare il livello della sfida rappresentata dai romanzi di Orwell, secondo Ignozza, «c’è la grande consapevolezza da parte del pubblico; la maggior parte dei lettori, pur non avendolo magari ancora letto, sa comunque di cosa si tratta, il che produce un’aspettativa molto più alta rispetto a titoli inediti».
«Le illustrazioni di Elzo Durt si prestano al 100% a dire al lettore quello che ci premeva dire di Orwell oggi»
conclude Federica Magro. «Sono contemporanee e spiazzanti proprio come le sue storie, ordite su una texture un po’ vintage che dice che quella modernità ha radici lontane. E così originali da farsi notare, il che in libreria, dove arrivano ogni anno 50.000 nuovi titoli, di certo non guasta.»