I libri sono come le persone: a volte basta un primo veloce incontro per essere immediatamente rapiti e volerne sapere di più, sempre di più. Perché non servono fiumi di parole per suscitare emozioni. Sono le parole giuste a travolgere, rapire, sconcertare, incuriosire. E spesso un breve incipit è meglio di qualsiasi presentazione, riassunto, recensione o suggerimento. Questi sono i 10 incipit più belli nella storia della letteratura.
In poche battute ci si gioca tutto: dall’incipit di Anna Karenina, fino all’opera colossale di Tolkien.
«Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece disgraziata a modo suo. In casa Oblonski tutto era sottosopra.»
Anna Karenina, di Lev Tostoj.
«Se davvero avete voglia di sentire questa storia, magari vorrete sapere prima di tutto dove sono nato e com’è stata la mia infanzia schifa e che cosa facevano i miei genitori e compagnia bella prima che arrivassi io, e tutte quelle baggianate alla David Copperfield, ma a me non va proprio di parlarne.»
Il giovane Holden, di J.D. Salinger.
«È un fatto importante, ancorché comunemente noto, che le apparenze molto spesso ingannano. Per esempio, sul pianeta terra, l’uomo ha sempre pensato di essere la specie più intelligente del pianeta, quando invece era la terza.»
Guida galattica per autostoppisti, di Douglas Adams.
«Era una fresca limpida giornata d’aprile e gli orologi segnavano l’una. Winston Smith, col mento sprofondato nel bavero del cappotto per non esporlo al rigore del vento, scivolò lento fra i battenti di vetro dell’ingresso agli Appartamenti della Vittoria, ma non tanto lesto da impedire che una folata di polvere e sabbia entrasse con lui.»
1984, di George Orwell.
«Il signore e la signora Dursley, di Privet Drive numero 4, erano orgogliosi di poter affermare che erano perfettamente normali, e grazie tante. Erano le ultime persone al mondo da cui aspettarsi che avessero a che fare con cose strane o misteriose, perché sciocchezze del genere proprio non le approvavano.»
Harry Potter e la Pietra filosofale, di J.K.Rowling.
«In una caverna sotto terra viveva uno hobbit. Non era una caverna brutta, sporca, umida, piena di resti di vermi e di trasudo fetido, e neanche una caverna arida, spoglia, sabbiosa, con dentro niente per sedersi o da mangiare: era una caverna hobbit, cioè comodissima.»
Lo Hobbit, di J.R.R Tolkien.
«Qualcuno doveva aver diffamato Josef K. perché, senza che avesse fatto nulla di male, una mattina venne arrestato. La cuoca della signora Grubach, la sua padrona di casa, che ogni giorno verso le otto gli portava la colazione, quella volta non venne. Ciò non era mai accaduto.»
Il processo, di Franz Kafka.
«In un paese della Mancia, di cui non voglio fare il nome, viveva or non è molto uno di quei cavalieri che tengono la lancia nella restrelliera, un vecchio scudo, un ossuto ronzino e il levriero da caccia.»
Don Chisciotte della Mancia, di Miguel de Cervantes.
«Nel diciottesimo secolo visse in Francia un uomo, tra le figure più geniali e scellerate di quell’epoca non povera di geniali e scellerate figure.»
Il profumo, di Patrick Süskind.
«L’idea dell’eterno ritorno è misteriosa e con essa Nietzsche ha messo molti filosofi nell’imbarazzo; pensare che un giorno ogni cosa si ripeterà così come l’abbiamo già vissuta, e che anche questa ripetizione debba ripetersi all’infinito! Che significato ha questo folle mito?»
L’insostenibile leggerezza dell’essere, di Milan Kundera.