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Orgoglio e pregiudizio torna in libreria in versione DELUXE

Orgoglio e pregiudizio non è un romanzo direttamente autobiografico.

Gli scrittori veri sono troppo orgogliosi per ammettere che i personaggi nati dalla loro fantasia – o fantasticheria – siano semplicemente Mr X o Mrs Y. Più che a persone reali, i personaggi dei romanzi assomigliano a quelli dei sogni, indelebili, capricciosi e rivelatori come quelli.

Come i sogni, anche i romanzi sono una magica trasfigurazione della nostra vita, ma più significativa di questa, perché depurata delle scorie e delle deviazioni, distillata e liberata dall’intensità dell’immaginazione.

Il romanzo fu dunque un “sostituto” della vita reale.

La sua stesura accompagnò la vita di Jane Austen, si sovrappose ad essa, la cambiò e ne fu cambiato.


Orgoglio e pregiudizio: la vita parallela, segrata e, in fondo, più vera di Jane Austen

Dall’introduzione di Melania G. Mazzucco


Benché non abbia ancora compiuto ventun anni, Jane Austen è già al suo secondo romanzo.

Il primo, storia di due sorelle intitolato Elinor e Marianne, è finito da un pezzo.

Scrive Orgoglio e pregiudizio nella camera da letto lasciata libera da uno dei fratelli, con le pareti tappezzate di disegni di cassandra e al centro un vecchio pianoforte, oppure nella stanza comune, fra continue interruzioni, curandosi solo che visitatori e domestici – gli estranei, insomma – ignorino la sua attività.

Come se fosse un segreto di famiglia.

O piuttosto un gioco.

Nella casa del reverendo, che è stato anche insegnante e ha tenuto a pensione molti giovani delle buone famiglie dei dintorni, tutti scrivono lettere, versi satirici, parodie, commedie.

E leggono.

«la nostra famiglia ama molto la lettura dei romanzi e non se ne vergogna.»

Jane – la penultima degli otto figli del reverendo – è intelligente e spiritosa.

Alta e snella, ha gli occhi nocciola e i capelli castani.

Nel tempo libero, scrive per divertire i fratelli e la sorella Cassandra, cui è legatissima, e anche per divertire se stessa.

Non pensa di poter diventare una professionista: scrivere per denaro è qualcosa che oltrepassa la sua ambizione.

Ma il padre ha investito 12 scellini per comprarle una piccola scrivania – di mogano, con un cassetto e il set da inchiostro di vetro.

Per mesi, indifferente agli sconvolgimenti che sconquassano l’Europa (gli inglesi, gli austriaci e i russi sono da tempo in guerra contro la Francia rivoluzionaria), apparentemente interessata solo ai balli, ai flirt, alla moda e ai pochi cappellini che la penuria economica le permette di comprarsi, nella sua scalcagnata casa del villaggio di Steventon, miss Austen si guarda attorno e scrive.

Scrive di ciò che conosce: il paesaggio collinare punteggiato di scialbi villaggi, tenute parrocchiali e manieri di favolosi aristocratici; i balli che animano all’improvviso la noia della provincia, i pomeriggi interminabili consumati giocando a carte o a Shangai, i tè con le vicine o le parenti; le sonate mediocri al pianoforte, le chiacchiere vacue, le smanie per la villeggiatura; la caccia al marito, che costituisce l’unica occupazione di ragazze alle quali non si chiede nulla più che saper «fare una borsetta o rivestire un paravento».

Ma anche la disperante stupidità degli esseri umani, le ambizioni spesso mal riposte, le menzogne, le inflessibili regole sociali, il mercato del matrimonio, le ingiustizie, le ragioni dei sentimenti contro quelle del mondo.

Amori effimeri, genitori inadeguati, sorelle impossibili, famiglie scombinate, qualche rara tenerezza.

La giovane donna osserva tutto – con divertimento e disincanto.

E intanto cassandra prepara il corredo da sposa per un matrimonio che non ci sarà, perché il suo fidanzato – un cappellano costretto dalla povertà a seguire il suo nobile protettore nelle lontane indie occidentali – proprio quella primavera muore di febbre gialla sulla via del ritorno, a Santo Domingo, e viene seppellito in mare come l’eroe di un romanzo.

Intanto i fratelli si sposano e si risposano (tranne uno: George, il fratello negato, debole di mente, che era stato allontanato dalla famiglia prima ancora della nascita di Jane, e poi da tutti rimosso, come cosa di cui educatamente tacere).

Mentre tutto, insomma, muta, miss Austen resta ferma, e compone Orgoglio e pregiudizio, un affresco realistico del suo stesso ambiente.

Ha trovato uno strumento formidabile per evadere dagli angusti confini del suo mondo: la scrittura.