Chi è Roberto Palpacelli, “il più forte di tutti”
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Redazione BookToBook
19 Mar 2019
Roberto Palpacelli è un nome che, probabilmente, se sei nato negli anni 2000 potrebbe suonarti sconosciuto.
Se però a metà anni ’80 eri un adolescente e avevi una passione sfrenata per il tennis, quello di Roberto Palpacelli è un nome che non sarà sicuramente passato inosservato
Qualcuno dice che sarei potuto diventare chissà chi e, a quest’ora, poteri davvero godermi la vita, dopo una carriera da professionista, tanti aneddoti da raccontare e, chi losa, il ricordo di un match giocato a Wimbledon, o di una partita al Foro Italico col pubblico dei bei tempi, quello che si infuocava per le imprese dei giocatori italiani. La verità è che quel mondo non mi è mai appartenuto. Io ero altrove, vicino ma lontanissimo, giocavo lo stesso sport ma ero da un’altra parte, con la testa e con il cuore. Se ho incrociato il passo, una volta o due, con il tennis vero, è stato poco più che un caso. Ecco perché non ho rimpianti.
Scrive così di se stesso Roberto Palpacelli nella sua autobiografia Il palpa – Il più forte di tutti: nato a Pescara nel 1970 è stato uno dei più giovani tennisti italiani ad arrivare ai vertici della categoria B. Nel 1999 ha ottenuto il suo unico punto ATP, in doppio.
Vita, match e miracoli di Roberto Palpacelli, il più grande talento mancato del tennis italiano
Di storie di sportivi ce ne sono moltissime ma quel che ha di incredibile la vita di Roberto Palpacelli riguarda tutto ciò che sarebbe potuto essere e non è stato: da Panatta a Bertolucci, da Canè a Nargiso tutti convengono su un solo fatto: Roberto Palpacelli sarebbe potuto diventare un fuoriclasse del tennis se non avesse consacrato la sua vita alle divinità pagane droga e alcol, per un’esistenza fatta, almeno in parte, di soli eccessi.
So di non essere un esempio. Non voglio esserlo: credo che, per un genitore, poche cose possano dare più dolore di un figlio che scivola nella fogna degli stupefacenti e dell’alcolismo. Penso anche, però, che una persona non possa essere ridotta ai suoi difetti e ai suoi errori. Ho sbagliato, ho vissuto di rendita sul mio talento. Ho voluto andare a duecento all’ora, come la palla di servizio che tiravo a sedici anni, ho scelto di fare il ribelle. Ne ho pagato le conseguenze.
Confessione, liberazione, anche dichiarazione di amore, senza compromessi e senza sconti, sfrenata come sono stati questi 49 anni tra dritti e rovesci, i rovesci anche di un’esistenza spremuta, sbattuta, stracciata, eppure appesa, sospesa, ripresa ogni volta con una smorzata, con una volée, con una biscia, il suo colpo preferito, poco ortodosso e sempre criticato.
Poteva essere il più forte di tutti, invece è rimasto il Palpa.
Senza alcun rimpianto.