«Se lui era reale, ma ora era scomparso, avevo forse sognato la nostra relazione? Avevo inventato quello che eravamo l’uno per l’altra?», si chiede Nina, incredula, interrogandosi sulla fine inspiegabile di un amore inatteso e (apparentemente) perfetto, prendendo atto che l’uomo che l’aveva portata tanto in alto quanto solo la vera anima gemella potrebbe fare, l’aveva poi trascinata tanto in basso sparendo da un giorno all’altro come un ladro, come un fantasma. «L’amore che avevo provato, i particolari della sua persona che avevo analizzato come una studiosa, il futuro a cui mi ero concessa timidamente di pensare: non erano altro che giochi di prestigio o inganni della mente? E ci ero cascata?»
È capitato anche a te di cascarci, di essere vittima del ghosting, del più vile dei crimini d’amore ai tempi di Tinder e dei social?
Nina Dean ha trentadue anni ed è una food writer di successo. Vive in un piccolo appartamento che ha appena comprato con un mutuo in un bel quartiere di Londra, non le mancano l’amore dei suoi genitori e delle sue variegate e brillanti amicizie ma, forse, è arrivato il momento di ammettere che la sua vita da single comincia a starle stretta.
S’iscrive a un’app di incontri e si mette in gioco, dando il via alla verace, scanzonata e a tratti commovente narrazione di Sparire quasi del tutto, il romanzo dei sogni e dei fantasmi di una generazione di millennial che fatica e lotta per trovare il proprio posto nel mondo, descritta e interpretata dalla penna di Dolly Alderton, anglo-canadese classe 1988, scrittrice, giornalista per il “Sunday Times”, autrice tv e podcaster che con il suo memoir Tutto quello che so sull’amore, bestseller mondiale da più di 500.000 copie, vincitore nel 2018 del prestigioso National Book Award, tradotto in ventitré lingue e ora trasposto in una serie tv della Bbc che prossimamente arriverà anche in Italia, ha fatto innamorare milioni di lettrici e di lettori nel mondo, grazie allo humour irresistibile con cui fotografa la ragione e il sentimento dei millennial mentre diventano adulti e si ritrovano a crescere tra i miti del passato e la precarietà del presente, tra l’emancipazione dei tempi moderni e i vecchi pregiudizi che ancora resistono sulla realizzazione del sé coniugata al “sistemarsi”, fra la trappola dell’apparenza in cui accettiamo di cadere quando ci infiliamo nella rete dei social e la consapevolezza che la vita reale è tutt’altra faccenda.
Racconta Nina nelle prime pagine di Sparire quasi del tutto, quando decide di avventurarsi tra i vari profili dell’universo maschile offerti dall’app di incontri – il Fidanzato per finta, l’Uomo Festival, i Ragazzi Rimastini…
«Per anni, ci era stato detto che trovare l’amore era una missione impossibile che richiedeva resistenza, tempismo e fortuna. Avevo pensato che fosse necessario frequentare noiosissimi eventi pop-up e librerie specializzate; tenere gli occhi aperti ai matrimoni e in metropolitana; attaccare bottone con altri viaggiatori solitari ogni volta che si andava all’estero; uscire quattro sere a settimana per accrescere le probabilità.
Ma quelle ore di lavoro strategico non erano più necessarie. Non c’era più bisogno di investirci tutto quel tempo. Sfogliando i profili di potenziali interessi amorosi sulla metro, sull’autobus, in bagno, mi sono resa conto di quanto questo sistema fosse più efficiente in termini di tempo. La ricerca dell’amore non doveva più condizionare l’organizzazione delle mie giornate in modo angosciante, potevo dedicarmici mentre guardavo la tv.»
La ricerca dell’amore dà i suoi buoni frutti, l’efficienza dei velocissimi tempi moderni è confermata e Nina si ritrova a chattare con Max, capelli ricci e disordinati, 1,95 di altezza, 37 anni. «Gli piaceva fare surf. Stava benissimo con un maglione spesso a collo alto. Coltivava verdure in un piccolo orto vicino al suo appartamento. Avevamo scoperto una serie di interessi, esperienze e convinzioni in comune». S’incontrano per un drink, parlano per ore, si sbronzano, ballano, si baciano. E la storia ha inizio. Finché, un giorno, lui sparisce. (Il titolo originale del romanzo, tradotto in Italia per Rizzoli da Veronica Raimo, è Ghosts, Fantasmi). Si domanda Nina: «Mi ero fidata di lui troppo presto e mi ero lasciata coinvolgere troppo nel profondo perché avevo proiettato una mia versione della sua personalità nei vuoti di ciò che non sapevo di lui?»
In apertura della prima parte del romanzo, in esergo Dolly Alderton cita nientemeno che Marcel Proust: «È la nostra immaginazione la causa dell’amore, non l’altra persona», quasi a suggerirci una chiave di lettura sotto traccia con cui accompagnarci per mano lungo tutta la narrazione. È davvero così? Ed è giusto così? Forse che quel ghosting messo in atto da Max attorno cui si snodano e si intersecano le riflessioni di Nina (e di noi lettrici e lettori) non stia lì, simbolico, a evocare e a interpretare una certa incapacità d’amare che non appartiene soltanto alla contemporaneità ma alle debolezze e alle fragilità, agli egoismi e ai narcisismi di noi essere umani imperfetti?
In un servizio intitolato “12 donne che fanno la differenza” delle giornaliste inglesi Lotte Jeffs e Jenny Southan, il magazine “Elle” ha inserito Dolly Alderton «tra le tante donne, di tutti i Paesi e di tutte le età, capaci di innescare, ciascuna nel proprio campo, piccole e grandi rivoluzioni. Ispiratevi!».
Nelle prime pagine di Sparire quasi del tutto, è lecito ritrovarsi d’istinto d’accordo con la descrizione disincantata che ci offre Nina delle app di dating, labirinto di specchi lungo quella ricerca dell’amore romantico e risolutivo come ci è stato narrato e tramandato, salvo poi ritrovarci (i millennial ma pure i quarantenni e i cinquantenni…) a dover fare i conti con l’implacabile realtà del ghosting e, ancor prima, dei freddi algoritmi: «Le app ti agganciano mostrandoti subito la merce migliore», osserva Nina. L’amore ai tempi di Tinder è diventato una merce? Abbiamo accettato di farci merce noi stessi pur di inseguire una favola, un ideale, un’Instagram stories? Oppure, come leggiamo dalle parole di Nina, è vero che «in tutti quei profili, c’era la prova di una tensione non troppo sottile tra ciò che siamo e ciò che gli altri pensassero di noi», è vero che cadiamo nella tentazione di far apparire noi stessi e le nostre vite tanto speciali, mentre il segreto starebbe semplicemente nel celebrare una vita normale?
Ecco allora che l’amore di cui ci narra Dolly Alderton non si esaurisce affatto nella centralità delle relazioni sentimentali; tanto potenti e arricchenti, così come conflittuali e dolorosi, possono essere, e lo sono di certo per Nina, gli affetti famigliari e le amicizie, che la aiutano a crescere, forse molto più delle avventure erotico-sentimentali. Alcune delle pagine più delicate, toccanti, dolorose e malinconiche di Sparire quasi del tutto sono quelle che raccontano del padre affetto da demenza: «Una gran parte dell’amore che si prova per una persona dipende dall’enorme archivio di ricordi condivisi a cui si ha accesso vedendone il volto o sentendone la voce», pensa Nina mentre assiste al progressivo peggioramento della malattia.
Le varie fasi di sintonia e di conflitto, di solidarietà e di scontro con cui Dolly Alderton va più in profondità nella trasfigurazione in pagina di una generazione di giovani risuonano vere e autentiche, e non è un caso se la sua voce è spesso paragonata ad altrettanti casi di successo in libreria e al cinema, da Sex & the City al Diario di Bridget Jones di Helen Fielding. Nell’intervista a “Vanity Fair”, la giornalista Lorenza Negri chiede a Dolly Alderton se la comparazione la gratifica o la infastidisce. «Lo trovo molto lusinghiero», risponde la scrittrice. «Ho adorato Il diario di Bridget Jones quando ero un’adolescente e mi capita di rileggerlo: la trovo confortante, e una buona parte è ancora attuale e veritiera».
Attuale e veritiera, aggiungiamo noi, quanto la capacità di Nina di guardarsi dentro per smascherare le ragioni che la portano a farsi ingannare da personaggi in stile Max. Siamo sicuri che molte lettrici si ritroveranno nei travagli di Nina. È un romanzo, Sparire quasi del tutto, che pone interrogativi e suscita riflessioni a partire dalla domanda delle domande: perché così tante donne (anche le più emancipate) cadono sempre nella stessa trappola dell’amore idealizzato e si innamorano degli stronzi? (Ma, sia chiaro, non c’è nulla di male nel credere e ricercare l’amore romantico.) Altro dubbio, altro interrogativo: la velocità malsana cui ci ha abituato la nostra società ipertecnologica contamina le nostre aspettative fino al punto da farci correre alla stessa velocità malsana quando pretendiamo di innamorarci ora e subito, come se ogni incontro fosse un magico, definitivo, assoluto colpo di fulmine? Oppure siamo ancora e sempre terrorizzati, oggi come ieri, dal tempo che passa, dall’orologio biologico, dall’invecchiamento?
«Penso di essermi creata anch’io una sua versione ad hoc», dice Nina di Max dopo che è sparito. «O probabilmente è così che funziona l’amore. È più come percepiamo gli altri e i ricordi che ne conserviamo, rispetto a come sono realmente. Forse più che dire ti amo, dovremmo dire ti immagino.»