Il nuovo saggio di Stefania Andreoli racconta una generazione incompresa
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Redazione BookToBook
05 Apr 2023
È un’umanità dai mille volti e dalle mille voci quella dei giovani nient’affatto spensierati e per nulla bamboccioni che chiedono attenzione parlandoci e interrogandoci dalle pagine del nuovo saggio di Stefania Andreoli, psicologa e psicoterapeuta che dire amatissima è dir poco se vai a leggere anche soltanto uno degli innumerevoli commenti sulla sua pagina Instagram, un vero e proprio osservatorio in tempo reale sulla nostra epoca, autentico e immersivo, che rende giustizia di tutto il buono (basta andarlo a cercare) che si può trovare sui social.
Perfetti o felici. Diventare adulti in un’epoca di smarrimento è il titolo del nuovo libro di Stefania Andreoli, come sanno bene i suoi 280mila follower su Instagram, fedelissimi nel seguire la rubrica settimanale “Il martedì delle parole”, quando Stefania parla e risponde a chi ha bisogno di risposte. Che arrivano sempre, come l’autrice ci ha peraltro abituati da diversi anni, da quando più o meno ha dato il via a una serie di pubblicazioni edite da Bur, tutte bestseller, tutte centranti l’obiettivo di intercettare, analizzare, aggiustare le cose che non vanno fuori e dentro casa, tra genitori e figli, in questa dannata, sfortunata, disordinata epoca pre e post Covid.
La psicoterapeuta più amata e ascoltata del web
Stefania Andreoli lavora da moltissimo tempo con gli adolescenti, con le famiglie e con la scuola, occupandosi di prevenzione, formazione, orientamento e clinica. Presidente dell’Associazione Alice Onlus di Milano, consulente tra gli altri per Walt Disney, Mondadori, Fabbri e De Agostini, scrive per il “Corriere della Sera”, “la27esimaora” ed è ospite fissa in molti programmi televisivi e radiofonici tra cui Catteland. Già giudice onorario del Tribunale per i minorenni di Milano, ha collaborato con il ministero dell’Interno per le politiche di contrasto alla violenza di genere. Per BUR ha pubblicato Mamma, ho l’ansia (2015), tradotto in diversi Paesi, Papà fatti sentire (2018), Mio figlio è normale? (2020) e Lo faccio per me, uscito l’anno scorso. Ora è di nuovo in libreria con Perfetti o felici, che la comunità della rete ha atteso e accolto con il solito grande entusiasmo.
«Dottoressa, lo aspetto con lo spirito della bambina la notte della Vigilia! Finalmente oggi sarà nelle mie mani! Spero, da ormai non più tanto “adulta giovane” quasi 40enne, di trovare nelle sue pagine gli spunti giusti per essere una madre migliore per i miei figli preadolescenti. Sono certa che anche stavolta non ci deluderà!» è uno dei tanti messaggi pervenuti a @lastefiandreoli all’annuncio dell’uscita del libro. Il riferimento alla “adulta giovane” non è casuale e non solo perché i follower di @lastefiandreoli sono attentissimi e informatissimi, ma perché nel nuovo saggio edito nella collana Bur Parenting Stefania Andreoli si focalizza su una fetta di popolazione, quella dei giovani adulti, tra i venti e i trent’anni, e degli adulti giovani, tra i trenta e i quaranta, disorientati e infelici, travagliati ma consapevoli, in lotta più con se stessi che con il mondo, che vorrebbero salvare dalle storture che hanno ben lucidamente individuato. Tutti un po’ malconci ma non danneggiati, tutti che dovrebbero essere al centro dell’agenda delle politiche pubbliche e che invece stanno in ombra, inascoltati, sottovalutati, bistrattati. Stefania Andreoli li conosce bene perché da qualche anno a questa parte, come mai in precedenza, hanno cominciato ad affollare la sua “stanza delle parole”, dove la psicoterapeuta riceve i pazienti e dove è emersa, ha preso forma e si è fatta libro la volontà dell’autrice di farsi da tramite, «da megafono» come dice lei stessa, delle istanze di questa meravigliosa umanità di millennials «ignorati, incompresi o realmente invisi», scrive Andreoli nel libro, che andrebbero accuditi perché sono forma e sostanza del nostro presente e del nostro futuro e invece vengono pressoché snobbati.
«Mi hanno detto e scritto cose prodigiose, che tutti dovrebbero poter sapere: chi sta ai piani alti dei luoghi dove si prendono le decisioni, ma anche i loro famigliari, gli intellettuali, i colleghi e chiunque sia curioso del mondo che abita con Sé e con gli Altri, sì da accendere i sensi su soggetti antropologici che sono stati prima trascurati e poi mal raffigurati», scrive Andreoli nelle pagine introduttive di Perfetti o felici. «Soggetti che, come arriverò a dirvi, a mio modo di vedere sono stati snobbati perché essi stessi e il messaggio di cui sono vettori potrebbero rappresentare una soluzione. Rivoluzionaria.»
Conoscendoli meglio, spiega Andreoli, «credo di avere capito che il motivo per il quale puntualmente le aspettative riposte in loro si giudicavano disattese non dipendeva dal fatto che questi soggetti fossero effettivamente scarsi, inabili e non attrezzati per il campionato degli adulti. Mi si è fatta largo dentro l’idea che noi, i più adulti (la generazione X e i baby boomers che oggi vengono chiamati ironicamente boomers), non abbiamo la disponibilità a pensarli in modo buono perché questo significherebbe invitarli ad accomodarsi al nostro tavolo e sentire cosa abbiano da dirci – di più: da insegnarci. Ritrovandoci poi a dover fare i conti con i cambiamenti che potrebbero proporre e che anzi, per come l’ho vista io, sicuramente proporrebbero e che sarebbero difficili da ignorare».
Parlare dei giovani adulti era un argomento necessario
È così che da qualche anno a questa parte Stefania Andreoli ha cominciato ad approfondire un argomento «che mi era parso da subito necessario, e che poi si è fatto urgente: la condizione di vita dei giovani adulti. Sin da prima della pandemia di Covid-19 mi era sembrato che ci fossero qua e là segnali che iniziavano a indicare nella loro direzione: avere nominato l’adultizzazione precoce dei bambini, il rischio di estinzione degli adolescenti, la scomparsa certificata degli adulti e il potere che i più anziani non cessavano di detenere (nel mondo del lavoro, in politica, nell’ambito dell’informazione) lasciava quantomeno un segmento evolutivo scoperto. All’appello mancava qualcuno di cui non si interessava nessuno», dice senza mezzi termini la psicoterapeuta, che in questo libro ci fa partecipi di alcune testimonianze tra le più vivide, esemplari, toccanti raccolte nella sua stanza delle parole, altro osservatorio in tempo reale sulla nostra epoca che ha molto da dire.
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Un’umanità di ragazze e ragazzi che sentono di non essere se stessi, come mostra Andreoli nel libro stracolmo di casi in cui potrebbero identificarsi molte lettrici e molti lettori – molto probabilmente sia figli sia genitori, perché il pubblico che segue la terapeuta è assolutamente trasversale, la pagina Instagram è sempre lì da vedere e da seguire –, giovani che sentono «di fare delle cose ma non di esistere, di avere bisogno di darsi e attribuire pregnanza, di avere avuto educatori ed esempi che non soddisfano la loro volontà di toccare il cuore delle cose, di capire perché si sentano in un modo che non corrisponde a quello che mostrano all’esterno e a come si comportano. Vengono alla ricerca più di altri di coerenza, verità, adultità».
Questi giovani sono più adulti di quanto non sembrerebbe, ci avverte Stefania Andreoli. Se li ascoltassimo per davvero, senza giudizi e pregiudizi, «coglieremmo che interrogano il mondo in tema di autenticità e chiedono di sentirsi dire qualcosa di vero, di affidabile, di brutalmente coraggioso – non necessariamente bello o piacevole, purché sia sincero e ci si prenda la briga di affrontarlo, insieme. Mentre mi pare che noi adulti ce ne sentiamo distanti o minacciati, sono a dire che io reputo che il loro disagio esistenziale sia un invito: non vogliono (ancora) rottamarci, fare a meno di noi, condannarci senza appello. Al contrario, da quel che ho capito vorrebbero che ci potessimo salvare. Tutti.»
Perfetti o felici è un caleidoscopio di esperienze personali più o meno traumatiche, di vuoti abissali di comunicazione tra genitori e figli, di delusione verso le relazioni sentimentali, di paralisi emotive in famiglia, che fa da specchio a una società malconcia pure lei, schiacciata dal peso di una manifesta crisi del ruolo educativo ai vari livelli, di percorsi a ostacoli umilianti nel mondo del lavoro e via dicendo così lungo le 250 pagine di Perfetti o felici, sunto fattuale di un disorientamento esistenziale ad ampio raggio che fa davvero venir voglia di urlarlo dentro un megafono.
«Non sanno chi sono» sono le incisive parole con cui Stefania Andreoli ci presenta i giovani adulti, questi sconosciuti. «Abbiamo cominciato a chiederci cosa significhi essere adulti, oggi, perché il vero interrogativo che sottende a questa domanda è diventato come si faccia, ai giorni nostri, l’adulto.»
I giovani adulti arrivano nelle stanze delle parole in grave sofferenza. «Non sanno chi sono, ma sanno chi non vogliono essere: persone impaurite, fasulle, che tengono più alla forma che alla sostanza. Che fanno finta che vada tutto bene mentre il mondo volge al termine, che si accontentano, che si piegano a compromessi di cui non possano apprezzare l’intelligenza funzionale della strategia. Che sono a disagio con gli altri, ma non vorrebbero che fosse così. Non vogliono fare discorsi sul più e sul meno tanto per dire qualcosa, non ne possono più di mettere in circolazione delle frasi fatte, non desiderano essere altro da Sé qualunque cosa significhi, pure se imperfetti – a patto di essere loro per davvero. Mal sopportano l’ipocrisia, l’ignoranza, l’insensatezza. E badate: non lo fanno per supponenza, o tracotanza.»
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Un saggio richiesto a gran voce da adolescent* e giovan* adult*
La supponenza e la tracotanza stanno forse in chi non li ascolta, per esempio nei genitori che si vergognano dei figli che hanno abbandonato gli studi universitari perché hanno capito, nella solitudine della propria sofferenza incompresa, che non è quella la loro strada. Ma questa è solo una delle storie di vita che Stefania Andreoli ci racconta con la delicatezza e la sensibilità della terapeuta capace di ristabilire la buona e salvifica pratica dell’ascolto. La storia di Azzurra, che chiude il libro, è potentissima. Vale la pena arrivare fino in fondo al libro per leggerla, così come la trascrizione dell’audio-messaggio di Martina, che Stefania Andreoli ha scelto di mettere in apertura di volume, inquadra magnificamente tutta quanta la bellezza di queste ragazze e questi ragazzi a cui è dedicato Perfetti o felici:
«Dottoressa, mi chiamo Martina, ho ventidue anni e mi sento bloccata. Sento che la vita mi sfugge dalle mani e l’aspetto più sconfortante è che io mi guardo intorno e penso che tutti stiano andando avanti, tranne me. Eppure non capisco come sia possibile che questo lo pensiamo così in tanti. E che ci sentiamo così soli. […] Al di là dei dettagli sulla mia vita personale, vorrei che però questo audio avesse un carattere più universale: vorrei che le mie parole arrivassero a tutti gli altri, ai giovani, alle persone come me. Persone che hanno a che fare con un non successo. Persone che non si allineano ai canoni sociali imposti da voi, che siete gli adulti e che dettate legge circa come dovremmo vivere – così credete – senza che abbiate per primi vissuto nemmeno lontanamente la complessità del nostro tempo, delle nostre difficoltà, delle nostre vite. Vorrei rivendicare la nostra sofferenza, che non credo venga veramente capita».