A Emanuela, una ragazza, una figlia, una sorella qualcuno ha rubato la vita, a Emanuela scomparsa in un abisso di mistero quarant’anni fa non è mai stata resa giustizia. Quarant’anni in attesa di una risposta definitiva che non è ancora arrivata. È la storia, e il dolore, della famiglia di Emanuela Orlandi, la giovane cittadina vaticana di quindici anni, figlia del messo pontificio Ercole Orlandi la cui famiglia aveva servito sette papi. Emanuela è scomparsa il 22 giugno 1983, uscita di casa un pomeriggio d’estate per andare a scuola di musica, e mai più tornata.
Il prossimo 22 giugno sarà il quarantesimo anniversario dalla scomparsa di Emanuela Orlandi. Un mistero mai risolto, un caso che ha chiamato in causa il terrorismo internazionale, il Vaticano, la malavita organizzata.
Un caso non ancora risolto
«Il caso Orlandi accompagna il nostro Paese da quarant’anni, è la storia di una nazione, un’intera generazione è cresciuta con Emanuela scomparsa, e mentre gli anni di piombo si sono conclusi, il comunismo è caduto insieme al muro, Tangentopoli è passata, questa ferita continua a restare aperta», scrive l’avvocato della famiglia Orlandi, Laura Sgrò, nelle prime pagine di Cercando Emanuela. Le verità nascoste e le nuove indagini sul ruolo del Vaticano nel caso Orlandi, in libreria dal 20 giugno con Rizzoli, nella collana I casi di Gianluigi Nuzzi dedicata alle grandi inchieste.
In tanti lo ricordiamo ancora, il volto di Emanuela, che vive tra le immagini indelebili della storia d’Italia. Nella memoria collettiva, Emanuela è quella ragazza che sorride con la fascetta tra i capelli sui manifesti blu con cui la famiglia tappezzò i muri di Roma nella notte del 22 giugno, a poche ore dalla scomparsa. Da quella notte tutto è cambiato per la famiglia Orlandi e per il nostro paese.
«Mentre questo libro va in stampa», scrive nelle prime pagine Laura Sgrò, «è in corso un’indagine della magistratura vaticana, pertanto su alcuni documenti e su alcune particolari vicende si è dovuto mantenere il segreto istruttorio, che ha la funzione di proteggere la ricerca della verità rispetto ad atti che possono precludere la genuinità del lavoro dei magistrati».
Pietro Orlandi è il volto pubblico del dolore della famiglia
Ma questo libro, come spiega l’autrice, è innanzi tutto «un omaggio a Emanuela Orlandi e alla sua famiglia, una famiglia che si ama e si sostiene in modo incredibile. Una famiglia che si dà forza e che ne dà agli altri. Una famiglia in cui l’assenza di Emanuela è una grande presenza. Una famiglia speciale, un “branco”, come loro stessi amano definirsi». Si riuniranno tutti in sit-in il prossimo 25 giugno a largo Giovanni XXIII a Roma, tra Castel Sant’Angelo e via della Conciliazione, per ricordare Emanuela insieme a chi vorrà unirsi a loro e per chiedere, ancora una volta e instancabilmente, giustizia.
Pietro Orlandi è il frontman di questo commovente branco ferito, è un barricadero, una persona che non accetta compromessi, dice di lui Laura Sgrò, in un libro che è prima di tutto la storia di una famiglia vittima di una tragedia che potrebbe capitare a chiunque. Pietro è il fratello di Emanuela, il volto pubblico del dolore della famiglia Orlandi.
«È quello che si prende la scena ma anche gli insulti, le accuse. È quello che con coraggio e una determinazione fuori dal comune, da quarant’anni è alla ricerca di sua sorella e non si fermerà finché questa ricerca non avrà finalmente l’unico esito che lui possa accettare: il ritrovamento di Emanuela.»
Dopo la laurea in Giurisprudenza, Laura Sgrò ha conseguito la licenza in Diritto canonico, il dottorato in Diritto canonico e il Programma di eccellenza per avvocati in Diritti della personalità e tutela della dignità umana presso l’Autorità garante per la protezione dei dati personali. Oltre a essere avvocato nello Stato italiano, è avvocato presso la Corte d’Appello dello Stato della Città del Vaticano e presso l’Ufficio del Lavoro della Sede Apostolica.
Nelle pagine di Cercando Emanuela l’avvocato Sgrò ricostruisce la storia della famiglia parallelamente alle indagini, al clamore mediatico, alle testimonianze più o meno attendibili che si sono avvicendati in tutti questi decenni senza che la verità venisse a galla, senza che la famiglia ottenesse una risposta chiara e definitiva sulla scomparsa di Emanuela, nonostante sia un caso che non soltanto non è stato dimenticato dall’opinione pubblica, ma continua ad alimentare nuove indagini, di cui difatti Laura Sgrò fa cenno in questo libro. E non a caso il 24 marzo scorso la Camera dei Deputati ha approvato all’unanimità la proposta di istituire per tutta la durata della XIX legislatura, ai sensi dell’articolo 82 della Costituzione, una commissione bicamerale di inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori, la quindicenne scomparsa un mese prima di Emanuela, il 7 maggio 1983, dal quartiere romano di Porta Pia, dove viveva e dove non è mai più tornata.
Più ci si addentra nelle pagine di Cercando Emanuela, più ci si rende conto di trovarsi di fronte a uno dei grandi misteri irrisolti d’Italia; troppi gli attori, gli alti ranghi, la criminalità, i poteri istituzionali e i poteri occulti tirati in ballo da documenti, rivelazioni, archivi, sospetti. Un cold case che sembra una fiction tv e invece è tanto reale quanto crudele, tanto che la stessa Laura Sgrò ha partecipato insieme ad Andrea Purgatori alla realizzazione di Vatican Girl, il documentario prodotto da Raw per Netflix che ha avuto il merito di far conoscere la storia di Emanuela, “la ragazza vaticana”, in tutto il mondo.
La famiglia Orlandi non ha ancora perso le speranze
Noto giornalista d’inchiesta, nel giugno del 1983 Andrea Purgatori lavorava alla redazione del “Corriere della Sera”. Lì comincia a seguire il rapimento di Emanuela dal momento in cui diventa un caso pubblico a tutti gli effetti, con i manifesti di Emanuela che tappezzano Roma. Fino a quel momento la sparizione di Emanuela era stata seguita come un fatto di cronaca. Tutto cambia, si legge nel libro, quando si scopre che la ragazza è una cittadina del Vaticano. «A quel punto la faccenda prende un’altra direzione e il giornale gli chiede di provare a capire che cosa ci sia dietro».
La mamma di Emanuela, Maria Pezzano Orlandi, che oggi ha novantatré anni, chiede ancora di lei. «Non ha mai perso la speranza», scrive Laura Sgrò nel libro. «Quando il figlio la va a trovare, fa sempre la stessa domanda: “Ma allora, Emanuela? L’hai trovata?”».
Salomè, la terza figlia di Pietro Orlandi che studia musica proprio come Emanuela, parla della nonna e del pianoforte nella casa dov’è cresciuta zia Emanuela: «È scordatissimo, sarebbe da rimettere a posto proprio a livello di struttura interna, ma a me il suono di quel pianoforte piace più di tutti. A casa di nonna c’è proprio il suono più bello. Quando sono lì mi sento bravissima, mi piace proprio il suono che esce». E quello sarà stato il regalo più bello per Maria, riflette Laura Sgrò: «Avere a casa una nipote che tenesse ancora vivo quel pianoforte nella sua attesa, nell’attesa di Emanuela».
Il sentimento più forte che accomuna Salomè e tutti gli altri nipoti – Rebecca, Elettra, Robin, Anakin, Dakota – è l’orgoglio: «È una parola che in più occasioni ho sentito ripetere da ognuno di loro», dice Laura Sgrò. «E di parlare di zia Emanuela, questa famiglia sembra non stancarsi mai, c’è come una voglia di ricordarla, di farla sentire viva anche agli altri. Come hanno detto tutti, Emanuela c’è, è presente nelle loro vite come persona a tutti gli effetti, la sentono, sono connessi con lei, ed è anche per questo che mettono insieme tutte le loro forze in questa ricerca. Pietro non è solo, e questo è un fatto chiaro, che tutti devono assolutamente sapere».
Da quel pomeriggio del 22 giugno 1983 sono state due le inchieste italiane aperte e archiviate. La prima, che va dal 1983 al 1997, seguiva il filone del terrorismo internazionale: Emanuela sarebbe stata rapita come merce di scambio per la liberazione di Ali Agca, il terrorista turco che il 13 maggio 1981 sparò due colpi di pistola a Giovanni Paolo II. Viene chiusa con un non luogo a procedere, «concludendo che la pista del terrorismo internazionale sia stato solo un grande depistaggio». La seconda inchiesta va in tutt’altra direzione e coinvolge alcuni esponenti della Banda della Magliana; le indagini ruotano attorno al complesso della basilica di Sant’Apollinare, dove si trova la scuola di musica che frequentava Emanuela, la Ludovico da Victoria: è da lì che è uscita quel 22 giugno 1983, per poi scomparire nel nulla. «Ventinove anni dopo la scomparsa di Emanuela, il 14 maggio 2012», ricorda Laura Sgrò, «la basilica torna infatti al centro dell’attenzione mediatica mondiale. Una telefonata anonima porta gli inquirenti a fare una scoperta: nella cripta della chiesa è sepolto uno dei boss della Banda della Magliana, Enrico De Pedis detto “Renatino”». Enrico De Pedis è stato un potente esponente della malavita organizzata romana e boss della Banda della Magliana, nonostante sia morto incensurato. Su autorizzazione della magistratura italiana, il 18 giugno 2012, la salma sarà poi spostata al cimitero di Prima Porta e lì cremata.
Laura e Pietro si sono incontrati per la prima volta nel 2017 «e da quel giorno abbiamo cercato Emanuela insieme», racconta nel libro l’avvocato della famiglia Orlandi. «L’abbiamo cercata nella voce di chiunque ci contattasse, ci scrivesse, suonasse alla mia porta o alla sua, ci inviasse biglietti o lettere anonime». Per anni, tanti anni, «abbiamo chiesto l’apertura di una indagine seria e attenta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi da parte delle autorità vaticane, ma le nostre richieste sono rimbalzate sul muro di gomma che si tira su in Vaticano quando si vuole che tutto resti sotto silenzio, lo stesso silenzio ostinato e assordante già sentito per un altro caso di cui mi sto ancora occupando, quello del vicecaporale Cédric Tornay, la giovane guardia svizzera trovata senza vita nell’appartamento del suo comandante, Alois Estermann, e di sua moglie, Gladys Meza Romero», al centro di Sangue in Vaticano. Le verità nascoste e le nuove indagini sul ruolo del Vaticano nel caso Orlandi, l’altro libro scritto da Laura Sgrò per la collana Rizzoli “I casi di Gianluigi Nuzzi”.
Dopo decenni di lotte, accuse, minacce di ogni genere e polemiche, Pietro e la famiglia Orlandi non hanno intenzione di fermarsi. Poco prima di morire il padre di Emanuela, Ercole, «questa figura importante di padre che in qualche modo ha continuato ad accudire la sua famiglia, a difenderla, anche in quell’immenso dolore», scrive l’avvocato, «si era rivolto al figlio Pietro ammettendo: “Sono stato tradito da chi ho servito”. Parole fortissime, che certamente hanno indirizzato in qualche modo il percorso di chi è rimasto».
Per decidere se accettare di assistere Pietro e la sua famiglia», svela a un certo punto l’avvocato Sgrò, «chiesi consiglio alle due uniche persone al mondo di cui mi fidavo, le uniche che reputavo degne di un parere al riguardo: mio padre e mio marito. Quest’ultimo mi disse candidamente: “Se vuoi, vai”», ricorda Laura. «Mio padre, uomo di famiglia che con il tempo non potei fare a meno di associare, attraverso i racconti di Pietro, a Ercole Orlandi, spese qualche parola in più dandomi uno di quei consigli che io in seguito avrei tenuto sempre a mente», continua l’avvocato. «Se decidi di percorrere la strada con queste persone», le disse il padre, «prendile per mano e accompagnale, ma non lasciarle mai, non potrebbero sopportarlo». E così, racconta Laura Sgrò, «ho iniziato il cammino con Pietro. E cercando Emanuela, insieme abbiamo fatto tanto. Una battaglia dopo l’altra. Qualcuna è andata a buon fine, qualcun’altra è ancora avvinghiata nelle tele vaticane. Ma siamo ancora qui a combattere».