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L’Europa è una figata, parola di Winston Churchill

È più semplice di quello che sembra.

In assenza di maestri viventi, chi potrebbe finalmente spiegarci che è una follia credere che la politica sia di per sé un male, e che ha invece un ruolo fondamentale nelle democrazie di oggi?

E chi potrebbe spiegarci che l’Europa è il piano lungimirante scaturito da due sanguinose guerre mondiali e dunque tocca diventare fieri di essere europei? Chi?

Winston Churchill! Morto da più di cinquant’anni, ma vivo come non mai nel racconto travolgente di un autore che mentre lo scopre se ne innamora e gli chiede aiuto.

L’Europa è una figata

da Churchill, il vizio della democrazia

Nessuno prima di Churchill mi ha mai fatto intendere che sostanzialmente l’Europa Unita, oltre a voler contrastare l’irrilevanza economica alla quale i nostri Stati così piccoli erano destinati, nasce per scongiurare una terza guerra mondiale, per mettere fine ai conflitti.

Questo è.

Io credo che già ricordarsi sempre questo particolare fondante, in aggiunta all’enormità del proposito, ci renderebbe un po’ più indulgenti, comprensivi, partecipi delle difficoltà che questa Unione sta evidentemente mostrando.

Io credo l’Europa vada profondamente cambiata e resa coesa, ma non mi viene mai da metterla in discussione in quanto tale, soprattutto se l’alternativa è il conflitto armato, i muri doganali, le guerre intestine.

Io ricordo l’Interreil, un biglietto che ti dava la possibilità per un intero mese di salire su qualsiasi treno e viaggiare per tutta Europa, compresi alcuni traghetti.

Io ricordo quando da minorenne assieme a due amici sono partito da Milano per dormire la prima notte a Bruxelles, il giorno successivo ad Amsterdam, e poi a Oslo, a Helsinki, a Copenhagen, e poi due giorni in mezzo ai fiordi, e poi ad Amburgo, ad Auschwitz, a Praga, a Vienna, a Bratislava, a Budapest.

Io ricordo i confini, le dogane, le guardie con i mitra, il controllo passaporti.

Io ricordo la prima cosa che si doveva fare arrivati in ogni posto: cercare un Change per cambiare i soldi nella valuta locale e poi calcolare fino a sera se la birra in corone, scellini, złoty, marchi, costava più o meno che da noi, prima di essere ubriachi.

Io ricordo che incontrando giovani di ogni dove, ridevamo delle differenze palesi fra di noi, perché in realtà chiarivano senz’ombra di dubbio quanto fossimo identici nelle questioni fondanti.

Come fratelli, come cugini, come amici che semplicemente vivono in città diverse e parlano una sorta di esperanto casalingo, fatto di molto inglese ma senza mai dimenticare le lingue delle nostre madri.

L’Europa è la più bella città di sempre

Io ricordo che ci siamo tutti sentiti europei collegati da migliaia di chilometri di rotaie, come fosse la più grande e straordinaria metropolitana del mondo e l’Europa la più bella città di sempre, che infatti permetteva un unico abbonamento senza distinzione di paese, lingua o moneta.

Ecco, forse noi che certe cose le abbiamo vissute e le ricordiamo, noi nati negli anni ’70, noi rassegnati – come Labate ha definito con precisione i suoi coetanei, ovvero la generazione che Mario Monti ha addirittura definito perduta – forse un compito nostro generazionale specifico ce l’abbiamo: quello di far capire ai più giovani e ai più vecchi, che l’Europa è una figata, è imprescindibile, è bellissima, è il futuro.

Poi se si capirà che è proprio impossibile stare assieme, vedremo il da farsi; ma al momento ci dev’essere solo il farsi, il fare, il riconoscere l’immensità del progetto, la superiorità del sogno in confronto ai nostri miseri e meschini battibecchi fra Stati.

E a chi ha il timore con questa unione di perdere identità, chiedo: così come io sono sia di Porta Venezia, sia milanese e sia italiano, non posso essere sia di Porta Venezia, sia milanese, sia italiano, sia europeo?