Kobe Bryant si era soprannominato da solo Black Mamba dal nome di uno dei serpenti più letali e rapidi in natura.
Nella notte del 26 gennaio 2020 è stato protagonista di un terribile incidente in elicottero che gli è costato la vita, insieme a quella della figlia di appena 13 anni, Gianna Maria.
Vent’anni di carriera nei Los Angeles Lakers, 5 Titoli NBA, due ori olimpici, un’infinità di record personali, Kobe Bryant ha letteralmente rivoluzionato la pallacanestro, prima di ritirarsi nel 2016 scrivendo una toccante lettera d’addio al basket che è diventata un cortometraggio animato premio Oscar nel 2018.
Salutiamo Kobe Bryant con le sue toccanti parole e con qualche spunto di riflessione dalla sua Mamba mentality.
«Ricordo quando, da bambino, ho ricevuto il mio primo vero pallone da basket.
Mi piaceva tenerlo tra le mani. Ero così innamorato di quel pallone che non volevo usarlo, per non sciupare la grana del cuoio e i solchi perfetti. Non volevo rovinare la sensazione.
Mi piacevano anche i suoni che faceva. Il tap, tap, tap del rimbalzo sul parquet. La limpidezza, la precisione di quel rumore. La sua prevedibilità. Il suono della vita e della luce.
Ecco alcune delle cose che mi piacevano del pallone, dello sport. Erano al cuore e alla radice del mio mestiere e della mia tecnica. Sono i motivi per cui ho affrontato tutto quello che ho affrontato, ho faticato quanto ho faticato, ho scavato così a fondo.
Tutto derivava da quello speciale tap, tap, tap di cui mi ero innamorato da bambino.»
Cos’è la Mamba Mentality di Kobe Bryant?
Il testo che segue è stato scritto da Kobe Bryant
All’inizio pensavo che l’espressione «Mamba Mentality» fosse solo uno slogan orecchiabile da diffondere su Twitter.
Un motto spiritoso e memorabile. Invece ha preso piede e ha finito per simboleggiare molto di più.
La mentalità non riguarda un risultato da prefiggersi, quanto piuttosto il processo che conduce a quel risultato.
Riguarda il percorso e l’approccio. È uno stile di vita.
Penso che sia importante adottare questo metodo in ogni impresa.
Quando sento un fuoriclasse del college, o un campione dell’NBA, o l’amministratore delegato di una grande azienda che cita la #MambaMentality, lo trovo molto significativo.
Quando qualcuno afferma di sentirsi ispirato da queste parole, capisco che è valsa la pena di impegnarmi così tanto, di sudare e di svegliarmi alle tre del mattino. Ecco perché ho scritto questo libro.
Tutte queste pagine contengono lezioni: non solo sul basket, ma anche sulla Mamba Mentality.
Se davvero volete diventare grandi in qualcosa, dovete impegnarvi sul serio. Se volete essere i migliori, dovete sviluppare una vera ossessione. Molte persone dicono di voler essere grandi, ma non sono disposte a fare i sacrifici necessari per raggiungere la grandezza. Hanno altre preoccupazioni, più o meno importanti, e si dedicano a troppe cose insieme. E va benissimo così. In fin dei conti, la grandezza non è per tutti.
Quello che sto dicendo è che non è facile diventare grandi.
Serve molto tempo, molti sacrifici. Bisogna fare molte scelte difficili. Anche le persone che amiamo devono rinunciare a qualcosa, quindi bisogna poter contare su amici e parenti comprensivi. Non sempre la gente capisce quanto impegno è necessario, affinché una persona possa inseguire il suo sogno di grandezza.
È arduo trovare un equilibrio tra l’ossessione per il lavoro e la necessità di essere presenti per la famiglia. È come camminare su una fune sospesa nel vuoto. Ti tremano le gambe e cerchi un baricentro. Ogni volta che oscilli troppo in una direzione, devi correggere l’inclinazione e ti ritrovi sbilanciato dall’altra parte. È una danza.
Non si può raggiungere la grandezza camminando in linea retta.
Dobbiamo tributare rispetto a chi ce l’ha fatta e a chi ci sta ancora provando.
Questo sport è pieno di alti e bassi: momenti belli, momenti orribili e tutto quello che c’è in mezzo. Mentre intorno a me succedevano tutte quelle cose, dovevo capire come farmi forza e mantenere la calma e la concentrazione. Non vuol dire che di tanto in tanto le mie emozioni non prendessero il sopravvento, ma ero abbastanza consapevole da ritrovare l’equilibrio prima che la situazione precipitasse.
Ci riuscivo meglio degli altri, ed era il mio segreto.