Testimonianze e storie basate su vite reali, donne che si battono per libertà, democrazia e diritti umani. Dal Nobel per la pace all’infanzia di tutte le Parvana del mondo, tre consigli di lettura per mantenere vivi coraggio e speranza.
Sono Chaimaa Fatihi, ho ventidue anni, sono italiana musulmana ed europea. Vi scrivo perché possiate comprendere che non ci avrete mai, che non farete dell’Islam ciò che non è, non farete dell’Europa un luogo di massacri e non avrà efficacia il vostro progetto di terrore.
Non ci avrete mai, Chaimaa Fatihi
Nell’ottobre 20113 ricevetti il premio Nobel per la pace per i miei sforzi a favore della democrazia e dei diritti umani, e per quanto si possa pensare che ciò abbia dato slancio al mio lavoro in Iran e mi abbia procurato un invidioso rispetto, in realtà mi mise ancor più sotto pressione e sotto osservazione da parte del governo. Lo stato iraniano fece tutto ciò che poteva per non diffondere la notizia del premio, proibendo alle radio e alle TV di stato di parlarne e mettendomi in una situazione di embargo informativo ancora più severa. Quando un giornalista chiese al presidente Mohammad Khatami, un riformista allora al potere, perché non si era congratulato con me, egli rispose: “Non è un premio molto importante. È il Nobel per la letteratura quello che conta davvero”.
Finché non saremo liberi, Shirin Ebadi
«Sono capace di leggere quella lettera come il papà» sussurrò Parvana tra le pieghe del chador. «O almeno quasi.» Non osò pronunciare quelle parole ad alta voce. L’uomo seduto accanto a suo padre non voleva certo sentirla parlare. E così nessun altro al mercato di Kabul. Parvana si trovava lì solo per aiutare il papà a camminare fino al mercato, e poi di nuovo a casa dopo il lavoro. Sedeva un po’ indietro sulla coperta, il capo e gran parte del viso coperti dal chador. In realtà non avrebbe neppure dovuto essere lì. I talebani avevano ordinato a tutte le donne e le ragazze afghane di rimanere chiuse in casa. Avevano persino proibito alle ragazze di frequentare la scuola. Parvana era stata costretta a interrompere il suo sesto anno e a sua sorella Nooria non era permesso di frequentare le superiori. La loro mamma, redattrice in una radio di Kabul, era stata licenziata. Da più di un anno, ormai, vivevano barricate in una stanza, insieme con la sorellina Maryam di cinque anni e il fratellino Ali di due.
Sotto il burqa, Deborah Ellis