Essere “occhialuto” è un problema?
No, se nessuno giudica chi porta gli occhiali diverso dagli altri.
Però a Roberto, che ha nove anni e vive a Venezia nel 1938, essere un portatore di occhiali cambierà la vita.
Un giorno, un signore alla radio – allora la televisione non c’era ancora – dice che “degli occhialuti non ci si può fidare”.
Che dagli occhialuti “dobbiamo difenderci”.
Ma le persone con gli occhiali sono tante, e tutte diverse tra loro.
Com’è possibile raccoglierle in un’unica, grande categoria, come se fossero una razza? È pensabile che dall’uso sbagliato di quella che è solo una parola dipenda il loro destino?
Il razzismo spiegato ai ragazzi con una storia inventata
Solo una parola è il titolo del nuovo libro di Matteo Corradini. Attraverso la vicenda di Roberto e la metafora degli occhiali, l’autore svela al lettore cosa successe agli ebrei durante le leggi razziali:
Le stesse cose raccontate in questo libro sono accadute agli ebrei. Se fai un piccolo sforzo e metti gli ebrei al posto degli occhialuti della storia, avrai davanti un libro che parla di cose accadute realmente in Italia e in Europa tra il 1933 e il 1945. Negli anni del regime fascista, la vita degli ebrei fu sconvolta dall’odio, dalla violenza, dalle leggi dello Stato. E’ accaduto veramente che gli ebrei fossero presi in giro, anche alla radio. Che la gente li guardasse con sospetto. […] Che i fascisti considerassero gli ebrei una razza, come si fa con i cani. E’ accaduto che i fascisti scrivessero delle leggi contro gli ebrei e le chiamassero “leggi per la difesa della razza”.
Come gli ebrei, anche Roberto è costretto a subire le discriminazioni dei suoi compagni.
Prese in giro a scuola, dispetti nei bar, battute alla radio sanciscono in chiunque non abbia bisogno degli occhiali da vista l’odio per gli occhialuti.
Anche gli scienziati proclamano che avere bisogno degli occhiali significa essere geneticamente inferiori.
Roberto non può andare al cinema – il riflesso degli occhiali disturba gli spettatori -, non può andare in biblioteca, non può andare a scuola.
Deve frequentare una scuola speciale, solo per bambini con gli occhiali.
Ed è sempre più solo.
Se ne andrà, con la su famiglia e tanti altri occhialuti, in cerca di un mondo migliore.
Solo una parola è il risultato dei progetti ideati da Matteo Corradini nell’ambito della didattica della Memoria, tema a lui molto caro.
Illustrato da Sonia Cucculelli, il libro è corredato da domande e risposte sulle leggi razziali, il fascismo e il periodo della Seconda Guerra mondiale.
Pensato per i ragazzi delle scuole elementari e medie, è perfetto anche da leggere insieme ai propri figli.
Per ricordare, sempre, che tutto il male del mondo può iniziare da una sola parola.