Nella vita certe cose succedono per farci riportare alta l’attenzione, per risvegliarci. Perché ho dovuto perdere così tanto prima di crollare e quindi cominciare a ricostruire? Forse perché la cosa che mi ha permesso di arrivare fin qui, questa incredibile resistenza, è stata la stessa che mi ha quasi distrutta. Avevo raggiunto un momento in cui tenere duro non era sufficiente. Dovevo piegarmi o mi sarei spezzata.
Demi Moore ha avuto praticamente tutto ciò che di più affascinante il pubblico possa immaginare nella vita di una celebrity: i film di successo, i cachet da capogiro, la notorietà, gli incontri iconici che capitano poche volte nella vita, come quello con Andy Warhol.
Sono tutti aspetti che hanno fatto di lei una superstar hollywoodiana, nel bene e nel male del termine: a volte acclamata e lusingata, altre discussa e ferocemente attaccata, non solo come attrice ma anche come donna e come madre.
Ma se gli attacchi e i paparazzi per molti sono “solamente” un prezzo da pagare per essere una celebrità di quel calibro, nel suo percorso di donna ci sono stati eventi difficili e tremende ferite rimasti a lungo inediti, eppure così tanto vivi in lei da segnare – passo dopo passo – ogni sua scelta di vita.
Inediti fino a quando non li ha raccontati in Inside Out, il memoir onesto e senza censure che ha rivelato a tutti chi è stata e chi è davvero Demi Moore, dentro e fuori. Dopo il grande successo americano, il volume arriva in Italia per Fabbri Editori nella traduzione di Dafne Calgaro.
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“Demi Moore abbassa la guardia”
Così il New York Times ha introdotto la biografia richiamando l’attenzione su un aspetto fondamentale di questo libro: l’autrice si racconta lasciando da parte ogni rigida difesa, accantonando la paura dei giudizi e degli auto-giudizi che l’hanno accompagnata per una vita intera. Lo fa consapevole che questa storia è soltanto sua e che sarà lei finalmente a dettarne le condizioni:
Non appartiene ai tabloid, né a mia madre, né agli uomini che ho sposato, né alle persone che hanno amato oppure odiato i miei film e nemmeno alle mie figlie. La mia storia è soltanto mia; sono l’unica che ne ha vissuto ogni istante, e ho deciso di rivendicare il diritto di raccontarla alle mie condizioni.
È il racconto coraggioso di una vita dove la sofferenza ha avuto spesso più spazio della gioia, ma alla fine le è stata utile per crescere e per capirsi. Dopo decenni trascorsi a incolparsi e non sentirsi all’altezza, Demi Moore è una donna che rivendica quello che ha fatto e che ha dato un nuovo senso al suo dolore. Una testimonianza di empowerment che a tanti oggi può essere di ispirazione.
Tutti i demoni di Demi Moore
L’attrice non si risparmia e non risparmia nessuna delle persone che hanno fatto parte della sua vita.
Se è vero che come dice Rumi “l’essere umano è una locanda, ogni mattino un nuovo ospite”, le fasi della vita di Demi Moore vengono raccontate nel libro come stanze che hanno ospitato ogni tipo di sentimento, anche quelli più difficili e biasimabili.
Si comincia dall’infanzia a Roswell (primo luogo chiave in una storia fatta di mille improvvisi traslochi) e dal rapporto con i genitori, continuamente in lotta l’uno contro l’altro, continuamente assenti nei loro ruoli di responsabilità. L’infanzia di Demi Moore termina ufficialmente quando lei non è ancora neanche adolescente, la sera in cui deve levare dalla bocca di sua madre le pillole che ha ingurgitato per suicidarsi, mentre il padre cerca di tenere ferma la moglie.
Questo rapporto non sanato, fatto di continue perdite di fiducia e di vendette, la distruggerà per tutta la vita, almeno fino a quando non avrà il coraggio di guardare in faccia i genitori per quello che erano: un uomo e una donna spaccati dalle rispettive storie familiari, incapaci di farsi carico dell’amore e di proteggere i figli.
Le insicurezze vissute a casa, unite a una terribile violenza sessuale subita da ragazzina, l’hanno resa per anni incerta sulle proprie capacità, sul proprio valore. Una giovane donna cresciuta senza sentirsi mai all’altezza delle aspettative.
Questo l’ha accompagnata tutte le volte che si è proposta per un nuovo ruolo, anche quando era già diventata “la famosa Demi Moore”, e anche nelle relazioni personali.
Inside Out ricostruisce, passo dopo passo, il cammino di una donna che ha dovuto lottare in primis con se stessa per affermarsi, costantemente incline a sabotare la propria felicità o a scivolare nelle più diverse forme di dipendenza: l’alcol, la droga e persino l’amore.
L’attrice ha sempre odiato il proprio corpo sottoponendolo a prove estreme, privandolo della forza necessaria per stare in piedi, odiando ogni centimetro di cambiamento, prima e dopo le gravidanze.
Anche quando i fan la osannavano, le riviste la cercavano per le copertine, gli uomini la definivano un “sex symbol” (il più delle volte con atteggiamenti maschilisti e denigratori che le hanno fatto vivere con vergogna la propria sensualità), lei non si accettava e si distruggeva nel tentativo di arrivare sempre all’estremo e diventare ogni volta diversa dalla vera sé.
Ma c’è ancora tanto altro nel suo racconto: gli amori – soprattutto i due più grandi: Bruce Willis tra il 1987 e il 2000 e Ashton Kutcher tra il 2005 e il 2013 – la maternità e il rapporto con le tre figlie, per le quali ha sempre cercato di essere una madre diversa da quella che aveva avuto.
Da queste pagine viene fuori il ritratto di una persona che si è affidata all’amore, in ogni sua forma, come risposta al dolore subito.
I miei mi volevano bene. Ma volevano bene a me esattamente come si volevano bene tra loro, cioè in un modo assurdo e incoerente, l’unico che conoscevano. Da loro, imparai che l’amore era una cosa per cui lottare, difficile da mantenere; una cosa che poteva svanire o essere revocata in qualsiasi momento, per motivi incomprensibili e incontrollabili. Sentire il bisogno di quel tipo di amore mi faceva paura, e provarlo mi faceva male. Ma senza quell’inquietudine, senza quell’agitazione costante, come avrei capito che era amore?
Oltre l’attrice, oltre il personaggio
Nel memoir ampio è lo spazio dedicato alla sua carriera di attrice, sorretta sempre da un’enorme passione, ma continuamente attaccata dall’insicurezza e dai tentativi di sabotaggio altrui (le stroncature, il gossip, il maschilismo imperante nell’industria dello spettacolo).
I lettori ritroveranno tra le pagine i ruoli per i quali Demi Moore è ancora oggi un’icona: Molly Jensen in Ghost, JoAnne Galloway in Codice d’onore, Diana Murphy in Proposta indecente, il tenente Jordan “Jane” O’Neill in Soldato Jane, per citarne solo alcuni.
Rivivere queste storie dalla prospettiva dell’attrice ci permette di capire in quali punti la sua persona e i suoi personaggi si siano incrociati o sovrapposti, ci porta dietro le quinte di un lavoro umano che ha compiuto su se stessa per impersonarli.
Così apprendiamo dalla sua viva voce che:
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- L’altro aspetto di Ghost che mi metteva agitazione toccava corde profonde. Leggendo il copione, avevo capito subito che le scene più cariche emotivamente non richiedevano pianti isterici, ma piuttosto un’intensità silenziosa: la cosa più difficile per un attore. Ripensai a una conversazione con Emilio e la sua famiglia, sul fatto che quando gli attori piangono fanno spesso smorfie esagerate che fanno sembrare le lacrime forzate e artificiali. Ma io non ero sicura di saper piangere. E non parlo solo di recitazione: non piangevo nemmeno dietro le quinte. Mai. Avevo imparato a mettere un tappo alle mie emozioni, per sopravvivere, e non sapevo se sarei stata capace di tornare ad aprirmi.
- Penso che pochissime persone, a meno che non siano atleti o militari, possano davvero comprendere il processo di trasformazione che intrapresi per interpretare Soldato Jane. È il film di cui vado più orgogliosa, perché è stato il più difficile della mia carriera da molti punti di vista: emotivo, fisico, mentale. Mi dedicai a quel ruolo con la stessa dedizione che immaginavo avesse dimostrato il mio personaggio, il tenente Jordan O’Neill, per diventare la prima Navy seal donna.
- Nel periodo delle riprese di Striptease, al mattino mi preparavo mezza tazza di porridge fatto con acqua per colazione e nel resto della giornata mangiavo solo proteine e un po’ di verdura, nient’altro. Sembra assurdo, ma anche mangiando in quel modo, anche allenandomi sei giorni a settimana, non ero affatto scheletrica. Sono convinta che fosse un processo di resistenza mentale ed emotiva. Cercavo di mantenere sotto controllo talmente tante cose – il mio matrimonio, la mia carriera, l’attività fisica, la dieta – che il mio corpo non mi permetteva di mollare la presa su niente.
Per larga parte della sua vita Demi Moore dice di non essere stata in grado di piangere.
Questo libro è come un pianto che ha liberato finalmente la vera sé.