Entroterra: Téa Obreht reinventa il Far West in un romanzo lirico e potente
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Redazione BookToBook
23 Giu 2020
Morton Hole aveva confini rassicuranti: a ovest della città si stendeva la ricca pianura, punteggiata fino al Missouri di gente abbastanza matta o robusta da coltivarla; a est scorreva il Mississippi, con i suoi grandi carichi di tronchi, che procedevano sobbalzando insieme a quelli di suo padre nel loro lento corso a valle.
Lungo le frontiere, da sempre, vite e storie straordinarie prendono forma. Quelli che sembrano confini netti e sbarre chiuse, in realtà, sono luoghi di passaggio dove l’incontro tra popolazioni, culture e modi di vivere dà luogo a scintille di scontro o dialettiche di cambiamento.
Il concetto di “frontiera” è ancora oggi tra i più problematici: basti pensare al dibattito politico e umanitario che si è generato attorno al confine Messico-Stati Uniti, il più trafficato al mondo con circa 350 milioni di attraversamenti legali ogni anno.
Celebri voci letterarie hanno scritto indimenticabili storie di frontiera, a volte esaltandone il mito, altre evidenziandone le mistificazioni. Tra loro Mark Twain, Cormac Mc Carthy, Jon Krakauer e i tanti che hanno raccontato storie on the road.
Ma c’è un’altra grande voce contemporanea che si inserisce in questo panorama e che spicca per la sua forza e il suo lirismo: è quella di Téa Obreht, scrittrice nata a Belgrado che, ancora bambina, a causa della guerra è emigrata prima in Egitto e poi negli Stati Uniti.
Entroterra: Téa Obreht riscrive il mito della frontiera
Dopo il successo di critica de L’amante della tigre, vincitore del prestigioso Orange Prize e finalista al National Book Award, la scrittrice ci regala Entroterra, un nuovo romanzo che ci porta nell’Arizona più profonda dell’anno 1893, tra terre sconfinate, canyon deserti e cieli ininterrotti.
Il paesaggio è un protagonista assoluto di questo romanzo: epico, immortale, trattenuto in un tempo sospeso.
Case, persone e bestiame sono disseminati sui fianchi di territori inospitali dove l’acqua è un puro miracolo, a causa di una grande siccità. Intorno la vita si muove piano, nutrita di silenzio:
Restammo sul treno una settimana, passando fattorie e campi dorati e capanni fumanti in cima a poggi grigi, fino al punto in cui il Missouri si assottigliava in piane fangose. La cittadina era una striscia di case e recinti da bestiame. I fianchi delle colline circostanti erano irti di mozzoni d’albero. La strada era punteggiata di carri, carichi di rami massicci.
Lurie e Nora: le esistenze ai margini inseguite dai fantasmi
In questo scenario Téa Obreht racconta delle storie ai margini, tra cui quella di Lurie Mattie, fuorilegge giunto in America dall’Oriente quando era bambino e che si mette in viaggio al seguito di una carovana di silenziosi cammellieri; e di Nora Lark, determinata donna di frontiera che aspetta il ritorno del marito Emmett, partito in cerca di acqua, e dei figli Rob e Dolan, allontanatisi da casa in seguito a un acceso scontro. Apparentemente lontane, queste vite arrivano a incrociarsi per un attimo che sembra eterno, in un ordito narrativo che la scrittrice tesse sapientemente.
Sono esistenze solitarie, scavate dall’interno e inseguite da fantasmi che gli svolazzano attorno.
A volte i fantasmi sono i morti, altre i ricordi del passato, altre ancora streghe o enormi mostri che si impennano dall’acqua schiumante e che è impossibile nominare.
E di fantasmi sembra fatta anche la lingua di questo romanzo, a volte potente e ancorata al reale, altre immaginifica e inafferrabile.
Entroterra sorprende il lettore con un realismo magico che dà a questa storia un notevole potere evocativo.
Il Far West di Téa Obreht non è soltanto segugi, sparatorie, bottiglie di whiskey e sceriffi, è una terra prima di tutto interiore che il lettore attraversa imparando a conoscere la gente di frontiera, sempre in cerca di ristoro e sempre in cerca di un luogo da chiamare casa.
Una trincea profonda in cui leggende e incantesimi riempiono l’orizzonte di miraggi. È la fotografia di un passato ormai scomparso, ma in realtà contiene in sé lo spirito delle frontiere di ogni epoca e latitudine.