Come diventare influencer facendo il giro del mondo con le proprie immagini? Quali sono i passi fatti da celebri instagrammer, businessmen (e women) del selfie o “imprenditrici digitali” di se stesse? Cosa fa la differenza tra chiunque di noi abbia un profilo social e, ad esempio, una donna della quale l’intero pianeta sa cosa indossa, con chi e dove si trova ogni santo giorno e a ogni ora?
Possiamo trovare molte risposte nel personaggio fittizio ed esemplare di Bea – la famosa Beatrice Rossetti nota in tutto il mondo – protagonista in Un’amicizia di Silvia Avallone. La prima risposta alla domanda come diventare influencer è “Allenandosi con quindici anni di anticipo”.
Questo romanzo racconta una storia di ragazze di provincia, le dinamiche di attaccamento e sofferenza che solo una migliore amica può creare, ma è anche la narrazione di una linea temporale. Una timeline che attraversa gli anni Duemila e che ha visto al principio un piccolo circolo, poi l’intero Paese connettersi, confidarsi e infine mostrarsi con continuità sui social.
Con Un’amicizia, forse per la prima volta, la letteratura si prende il disturbo di comprendere cosa c’è davvero dietro queste figure contemporanee e come diventare influencer. E questo è il vero unposted, il mai raccontato, la verità autentica che ci regala il mestiere dello scrittore, e forse nessun altro.
Le prime connessioni e il brivido della futura influencer
Era il 1986 e dal Centro universitario per il calcolo elettronico di Pisa fu inviata in Pennsylvania la prima comunicazione Internet. Perché questa tecnologia diventasse alla portata di persone comuni si sarebbe dovuto attendere il 1991 con la nascista del World Wide Web.
Sul finire degli anni Novanta si usavano in modo abbastanza diffuso le prime chat, i primi motori di ricerca (che trovavano ben poco, perché ben poco era stato immesso in rete).
Mio padre era uno dei pochi ad avere in casa una connessione 56k. (…) Non sospettavo minimamente di avere di fronte la rivoluzione, l’epoca sul punto di virare, la fine irreparabile di un mondo. Bea invece, quel pomeriggio a casa mia, flirtò subito con la Storia. La intuì, se la prese.
Chi c’era certo ricorda il gracchiare di quei modem, seguito da dei fischi. Era il suono delle prime connessioni, tanto costose quanto lente. Siamo nell’anno narrativo 2000:
Il tutto durò trenta secondi, poi silenzio. “Sei connesso” apparve sullo schermo. Sul volto di Beatrice emerse un sorriso che era come un bagliore venuto dalle profondità di lei stessa, una segreta consapevolezza.
Non era un mistero per pochi eletti l’esistenza di Internet, ma ad alcuni all’epoca non diede alcun brivido questa novità, mentre altri ci entrarono con tutte le proprie risorse. Nessuno però, nemmeno il più illuminato dei futurologi, avrebbe mai sospettato che si sarebbe trasformato in quello che è oggi.
I primi blogger
Beatrice è una ragazzina stravaccata sul divano a ogni ora davanti a vecchi film, sta attraversando un momento difficile dopo la morte della madre. Per distrarla viene fuori l’idea di aprire un blog.
L’animale magico che dimorava in Beatrice staccò lo sguardo dall’inquadratura disperata di Anna Magnani e lo posò su di lui. «Un blog? Cos’è?»
I primi blog venivano definiti diari, nessuno trovava un modo migliore per raccontare quella che era una forma, non il contenuto. Già, perché dentro un blog ci si poteva scrivere di sé, ma si poteva fare giornalismo, satira, divulgazione tecnologica o scientifica o una rappresentazione per immagini.
Quest’ultima strada, quella fotografica, non era molto battuta all’epoca.
A Bea sarebbe bastato che i blog fossero soppiantati da strumenti meno somiglianti a vecchi giornali, per prendersi il mondo, aspettare che la tecnologia si mettesse in pari con lei.
A quel tempo lo scopo dei blog continuava a sfuggire ai più, soprattutto a giornalisti e scrittori che non capivano come qualcuno potesse decidere di fare “il loro mestiere” a titolo gratuito e senza alcun committente.
La diffusione in Italia si può datare al 2002.
Come ci ricorda Silvia Avallone per bocca della sua protagonista: “A chi navigava nel 2003 non fregava nulla di bellezza o di vestiti: erano aspiranti scrittori, oppure “amanti di qualcosa”. (…) L’imperativo era scoprire, non mostrarsi”.
Quando a Beatrice Rossetti fu spiegato per la prima volta cosa fosse un blog, rispose: «Scrivere a me non piace».
Si illuminò solo quando aggiunsero, «Si possono anche pubblicare le foto».
Come diventare influencer: l’impero delle fotografie
Il primo blog di un magazine nel nostro Paese fu quello di Grazia nel 2005, non a caso un femminile con ampio spazio dato al costume e alla moda, voluto dalla direttrice Silvia Grilli.
Il più importante blog di moda del pianeta Terra fu aperto da una 22enne proprio in Italia, era il 2009 quando nasceva The Blondie Salad di Chiara Ferragni.
Prestissimo iniziò ad esere invitata alle sfilate delle settimane della Moda, seduta tra i fashion editor dei magazine internazionali, i buyer e le celebrity amiche o testimonial degli stilisti.
La stragrande maggioranza guardava i fashion blog con sospetto, li accusavano di non saper fare niente, di essere un fenomeno passeggero. Non riuscivano a immaginare cosa potesse fare un’imprenditrice digitale, quali potenzialità di marketing ed editoriali si stessero definendo allora.
Beatrice era come rapita e ammaliata da un dialogo segreto con lo schermo, che allora mi appariva oscuro e ridicolo insieme, e che ancora oggi fatico a comprendere. (…) Solo mio padre e io potevamo essere così sprovveduti da credere che quello fosse un passatempo innocente. Era un’arma letale, invece.
Questi furono per molti i primi passi, ben prima dell’avvento dei social network – Facebook (2004), Youtube (2005), Twitter (2006) e Instagram (2010) – che rispondono al come diventare influencer, oggi come ieri. Lasciarsi ossessionare da una passione, anche insana, sarebbe forse la risposta di Beatrice Rossetti. Ma serve anche lungimiranza: cosa sarà un influencer tra 5 o 10 anni, che contenuti produrrà e dove? Prova a immaginarlo e fai una scommessa anticipando i tempi.